Bambina venduta in sposa per saldare un debito
RAVENNA. Venduta come sposa ancora bambina ad un connazionale molto più grande, che poi avrebbe anche abusato di lei, per ripianare un debito di 30mila euro contratto dai genitori con l’uomo.
Una storia agghiacciante che sembra appartenere ad un altro mondo e che invece è approdata ieri in tribunale a Ravenna dove si è aperto il processo che vede come imputati il padre e la matrigna della ragazza, assistiti dall’avvocato Alessandro Reggiani, e l’ex “marito” della giovane, un 36enne difeso dall’avvocato Chiara Bezzi di Bergamo che all’epoca dei fatti contestati (la vicenda risale al 2006) viveva a Forlì.
In aula, davanti al collegio penale presieduto dal giudice Corrado Schiaretti (a latere Alessandra Medi e Roberta Bailetti) è stata sentita per oltre un’ora la vittima, una ragazza di origini asiatiche che vive nel Ravennate dalla metà degli anni Novanta.
La giovane ha raccontato dei maltrattamenti subiti quando era ancora bambina, delle punizioni e delle botte ricevute dai familiari (accusati di maltrattamenti in concorso) contrariati per la sue aspirazioni di emancipazione. Troppo moderna, troppo desiderosa di “vivere all’occidentale” secondo costumi non in linea con le loro tradizioni.
Anni di vessazioni che sarebbero culminate nel 2006 quando la giovane, che per l’accusa aveva appena 12 anni mentre per la difesa ne aveva quasi 15, sarebbe stata data in sposa ad un connazionale.
Un matrimonio celebrato secondo il loro rituale religioso, ma mai trascritto e privo di valore in Italia. Un’unione che sarebbe stata organizzata per estinguere un debito contratto dai genitori, entrambi ambulanti, per l’acquisto di merce da rivendere. A prestargli i soldi era stato un loro connazionale, un 36enne a sua volta commerciante, a processo con le accuse di maltrattamenti, violenza sessuale aggravata e atti sessuali con minorenni.
Durante la deposizione di ieri in aula, la ragazza, diversamente da quanto avrebbe dichiarato in passato (del caso, emerso nel 2011, si erano occupati i poliziotti della Squadra mobile e i servizi sociali), ha rincarato la dose sostenendo di essere stata violentata anche la prima notte di nozze. Quella sera, infatti, sarebbe stata costretta ad avere un rapporto sessuale contro la sua volontà dall’uomo che l’avrebbe tenuta ferma per le mani. Affermazioni che stridono con quanto sostenuto dalla difesa, che ha prodotto lettere d’amore indirizzate all’ex marito, da lei invece descritto come manesco e geloso e da cui poi si era allontanata.
Ma è anche sull’età della ragazza che, come detto, ruota buona parte del processo. Dubbi che l’assenza di documenti che possano in modo inconfutabile accertare la data di nascita non contribuisce a dirimere. Da un attestato risulterebbe essere nata nel 1994, mentre la madre naturale, residente nel suo Paese di origine, avrebbe collocato la nascita in un periodo non meglio specificato del 1992. Ma una consulenza osteometrica depositata dalla difesa farebbe presumere che la ragazza avesse quasi 15 anni al momento del matrimonio. Differenze non di poco conto ai fini del procedimento.
Sempre ieri sono stati sentiti anche i suoi fratelli maggiori della ragazza (entrambi detenuti) che vivono con i genitori in un paese della provincia di Rovigo e che hanno invece ridimensionato la vicenda, ammettendo che tra la matrigna e la sorella i rapporti erano tesi ma che a loro dire non sarebbero mai andati oltre qualche schiaffone. A metà dicembre la prossima udienza.