Capanni sulla spiaggia da 10 anni in attesa di mettersi in regola

Rimini

RAVENNA. Una battaglia burocratica lunga dieci anni per alcuni capanni balneari che non risultano in regola con regolamenti verificati solo dopo cinquant’anni e con il Piano dell’arenile del Comune di Ravenna.

A partire dagli anni Sessanta esistono sull’arenile ravennate dei capanni, tutti regolarmente numerati e concessionati e tutti in regola con il pagamento dei canoni demaniali. Sono manufatti in legno per il rimessaggio di materiali balneari, ombrellone e lettini, che le famiglie hanno sempre utilizzato per trascorrere la giornata in spiaggia. Un’abitudine molto comune di quando ancora gli stabilimenti balneari non esistevano e all’inizio di ogni stagione si faceva a gara per piazzare il capanno nella posizione migliore, anche in doppia fila sulla duna, per poi smontarlo in ottobre. Degli oltre 300 che erano, ne sono rimasti solo 85, un po’ perché i tempi sono cambiati ed un po’ perché le difficoltà non mancano.

«Alla fine degli anni Novanta la competenza è passata dalla Capitaneria di porto al Comune - spiega Silvio Gordini, presidente dell’Associazione capanni balneari -, che ha impiegato diversi anni per formulare un Piano dell’arenile, ma a quel punto, abbiamo scoperto che alcuni dei nostri manufatti non sono più conformi, anche se esistono senza alcuna modifica da più di cinquant’anni».

All’inizio degli anni 2000 sia la Capitaneria di Porto che il Comune effettuano una verifica millimetrica, constatando che una ventina di capanni non sono “perfettamente” in regola, superando la misura concessa di sei metri quadrati, per la presenza, ad esempio, di uno scalino o di una piccola veranda. «I capanni disposti a rientrare nella norma, con l’aiuto di un geometra hanno presentato un progetto di riqualificazione - prosegue Gordini -, ma il Comune ha replicato che i progetti possono essere firmati solo da un tecnico laureato. Così per poter tagliare 30-40 centimetri di legno da un capanno, ci siamo rivolti ad un architetto, abbiamo presentato 11 copie per ogni capanno ed io, come presidente dell’associazione, ho dovuto apporre più di 100 firme per regolarizzare una decina di manufatti».

A quasi dieci anni di distanza quei progetti sono ancora sulla carta. In compenso sono arrivate sanzioni fino ad 8mila per un metro quadrato di sabbia occupato in più, che l’associazione ha chiesto ed ottenuto di bloccare due anni fa. «Si è creata una situazione paradossale, per la quale chiediamo una rapida soluzione - conclude Gordini -. Da una parte il Comune ha sospeso le sanzioni, dall’altra pospone l’approvazione dei progetti di recupero al pagamento delle stesse. Da più di un anno abbiamo proposto un’altra soluzione, prima la riqualificazione e poi le sanzioni, perché vogliamo stare alle regole, ma non vogliamo essere vessati da paradossi burocratici».

 

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