Il pirata che travolse e uccise il bimbo vuole patteggiare

Rimini

RAVENNA. «Basta, voglio patteggiare». E’ quasi un’ammissione di colpevolezza, o solo la speranza in una condanna più mite visto le tante prove contro di lui, la richiesta formalizzata ieri mattina in tribunale dal legale di Dimitrov Krasimir, il 37enne bulgaro arrestato per aver travolto, ucciso e poi lasciato a terra senza soccorrerlo il piccolo Gionatan Lasorsa, il 22 giugno scorso, sulla Romea sud. Ieri mattina, l’avvocato Gianluca Brugioni ha formalizzato in tribunale la richiesta di patteggiamento e chiesto per Krasimir gli arresti domiciliari. Il tribunale del Riesame aveva già accolto la prima richiesta presentata per i domiciliari, ma il 37enne rimase in carcere (a Forlì, dove fu trasferito per motivi di sicurezza), perché erano terminati i braccialetti elettronici. Ora, il giudice avrà cinque giorni per decidere sull’uscita di galera, mentre per quanto riguarda il patteggiamento, dovrà essere convocata un’udienza.

Di fronte al magistrato, Dimitrov non ha mai confessato. Anzi. Dopo aver negato ogni addebito l’indomani del suo arresto, solo dopo un paio di settimane chiese di essere sentito e ammise di essere «passato da lì, a Ponte Nuovo», quella terribile sera del 22 giugno. Erano le 21 circa. Il piccolo Gionatan Lasorsa, che tre anni li avrebbe compiuti proprio martedì scorso, era appena rientrato coi genitori e il fratellino maggiore dal mare. La giovanissima famiglia Lasorsa vive sulla Romea Sud, in una casetta gialla sopra la pescheria, sulla destra. Ma lasciare l’auto sotto casa era impossibile: lo dicevano i divieti. Erano dunque costretti a parcheggiare dall’altra parte della carreggiata e ad attraversarla ogni volta. Così fecero anche quella sera, sulle strisce pedonali. Mamma Fabiola aveva già messo in sicurezza il piccolo Gionatan portandolo fin sotto casa: dall’altra parte della strada, c’erano papà Antonio e il fratellino Cristian, pronti a fare la stessa cosa. Ma è bastato un istante: un battito di ali e Gionatan è volato via. Si è sganciato dalla stretta della madre, ha lanciato un’occhiata al padre e si è tuffato in strada per andargli incontro. E’ in quel momento che passa la Mercedes scura con targa straniera. E va dritto: carica il bimbo sulla parte anteriore del mezzo e lo trascina per 80 metri prima di fermarsi: solo il tempo di dar modo a quel corpicino straziato di “sganciarsi” dal paraurti e cadere a terra. La Mercedes riprende subito la sua corsa, mentre il padre di Gionatan, che ha assistito all’intera scena, le getta contro oggetti e urla il suo dolore.

Da lì, le indagini iniziarono dubito sull’onda dell’indignazione dei residenti e dello choc patito dall’intera città: Dimitrov fu rintracciato due giorni dopo. Era ubriaco, aveva lavato l’auto. Due telecamere avevano immortalato il passaggio della sua Clk e i ripetitori avevano agganciato il suo cellulare proprio lì a Ponte Nuovo quella maledetta sera. Infine, due testimoni lo avevano riconosciuto. Abbastanza per temere una condanna, anche pesante. Forse proprio per questo, in accordo col suo legale, ha deciso di chiedere il patteggiamento: una pena certa (come a voler dire: sono stato io) ma “veloce”.

 

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