Slot spente a mezzanotte, il Tar dà ragione al Comune

Rimini

RAVENNA. Slot machine spente a mezzanotte: dopo l’ordinanza del sindaco contro il gioco d’azzardo, Palazzo Merlato incassa la prima vittoria al Tar. Il tribunale amministrativo regionale dell’Emilia Romagna ha infatti respinto le due istanze che chiedevano la sospensione del provvedimento: nei prossimi giorni, arriverà anche la decisione definitiva sui ricorsi veri e propri. Soddisfatto il primo cittadino Fabrizio Matteucci: «Una buona notizia, ma serve di più contro il flagello del gioco patologico», ha dichiarato ieri in un video-messaggio lanciato su Facebook. Critici gli imprenditori che hanno presentato ricorso e che il Tar ha condannato a 4mila euro di spese legali: «Sia Roma a tagliare gli orari delle attività, sennò si favorisce solo il mercato nei Comuni vicini».

L’ordinanza. Con il provvedimento dell’11 marzo scorso, il Comune limita l’accensione di slot e videopoker dalle 10 a mezzanotte, e impone alle sale giochi di rimanere aperte esclusivamente dalle 9 all’una di notte: interessate sono 68 sale gioco in Comune e centinaia di locali pubblici con videopoker. Ai bar che vengono beccati con le macchinette accese prima delle 10 e oltre la mezzanotte e alle sale giochi che non osservano l’orario di apertura imposto dall’ordinanza, viene comminata una sanzione: si va da un minimo di 75 euro a un massimo di 500, e i controlli sono demandati ai funzionari dei monopoli di Stato oltre che alle forze dell’ordine.

I ricorsi. Le opposizioni al provvedimento del sindaco erano nell’aria: già le categorie, pur lodando lo slancio contro il gioco patologico, sottolinearono che un’ordinanza di solo Palazzo Merlato “slegata” dal resto del territorio era poca cosa. E i ricorsi non si sono fatti attendere. Nello specifico, le società che hanno chiesto al Tar di sospendere l’ordinanza, in attesa che lo stesso tribunale amministrativo decida dei ricorsi, sono due. Si tratta della Adda gestioni immobiliari e industriali Spa che, a Ravenna, è titolare della sala bingo di via Trieste; e della società Cinquemilauno Srl proprietaria della sala giochi di viale Randi.

No alla sospensiva. Stando a quanto deciso dal tribunale amministrativo di Bologna, le due istanze di sospensiva sono da rigettare perché «i ricorrenti non hanno comprovato che dal provvedimento impugnato derivi loro un pregiudizio connotato da particolare gravità, tenuto conto che trattasi di limitazione di orario che, in ogni caso, consente l’attività di gioco per un assai spazio giornaliero». Insomma, come a dire che, per quanto l’orario venga ridotto, non lo è tanto da creare un danno economico importante a chi ha presentato ricorso. Oltre al dispositivo di rigetto, il Tar condanna le due società ricorrenti a pagare le spese legali: 4mila euro in tutto, 2mila dei quali al Comune, altrettanti al ministero dell’Interno. «Il no alla sospensiva è una buona notizia - ha commentato Matteucci -: spero che il Tar ci dia ragione anche nel merito. So che l’ordinanza non è la soluzione al flagello del gioco patologico: il governo Renzi porti avanti l’impegno per avere nuove leggi in materia».

 

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