Pirati, Ravenna nella lista nera

Rimini

RAVENNA. C’è anche la provincia di Ravenna nella black list della pirateria stradale, ma qui più che in altre zone d’Italia farla franca è diventato sempre più difficile.

E’ questa la notizia che emerge dall’analisi incrociata dei dati forniti dall’Asaps (Associazione sostenitori amici polizia stradale) e polizia municipale. Purtroppo l’Emilia Romagna è al secondo posto assoluto per casi di omissione di soccorso dopo la Lombardia che guida la triste classifica con 117 denunce e 10 incidenti mortali. In Emilia Romagna i casi sono stati 82, ma le vittime solo 6. Il 50% di queste, però, sono state cause da incidenti avvenuti nella nostra provincia. Dove per 14 volte nel corso del 2013 si è assistito a una fuga dal luogo dell’incidente. Solo nel 20% dei casi, però, l’automobilista alla guida è risultato essere sotto l’effetto di alcolici. Va comunque sottolineato che in molti casi il pirata viene rintracciato uno o due giorni dopo e quindi l’esame alcolemico risulta inutile.

Dati impietosi di fronte ai quali spicca però almeno un aspetto positivo: oltre il 60% dei pirati viene poi individuato dalle indagini. Senza contare quelli che decidono che di costituirsi, magari dopo aver chiamato il proprio avvocato. «E’ un dato positivo che riflette anche una maggiore professionalità da parte delle forze dell’ordine - spiega il comandante della Municipale Stefano Rossi - Ormai la scena di un incidente è trattata come una scena del delitto. Ogni reperto viene analizzato con cura e se aggiungiamo il crescente supporto della videosorveglianza verrebbe da dire che scappare non è solo un gesto incivile, ma anche inutile». Eppure il numero dei pirati sembra in crescita. Ma anche su questo Rossi specifica alcune cose: «Esiste il pirata che scappa perché ha paura di perdere la patente. Ma esiste anche quello che è davvero sotto choc e che in quei momenti perde totalmente la testa. Insomma la casistica è davvero ampia. Diciamo che assistiamo però anche a un preoccupante aumento di chi prova a fare il furbo utilizzando piani già collaudati. Mi riferisco ad esempio a quelli che troviamo nei bar poco distanti dal luogo dell’incidente. Sapendo di non essere sobri corrono a bere ancora per poter dire: “al momento dell’incidente non ero ubriaco, ho alzato il gomito dopo ma solo per calmarmi un po’. E’ un trucco che purtroppo ha portato anche a sentenze favorevoli». E a proposito di tribunali e leggi sulla possibile introduzione del reato di omicidio stradale Rossi ha le idee chiare: «E’ un tema sul quale si sono confrontati insigni giuristi - spiega - E’ chiaro che nessuno può prevedere con esattezza gli effetti del nuovo reato, ma di sicuro i tempi sono maturi per fare un passo avanti e introdurre un reato specifico nel codice». Eppure, ancora una volta, sulla questione della sicurezza sembra pesare soprattutto l’aspetto culturale. «Ci sono problemi oggettivi - conclude Rossi - come lo stato delle strade e le condizioni meteo, ma ci sono anche variabili legate alla frenesia alla guida. Ogni giorno si tendono a fare più cose nello stesso tempo e questo porta a un aumento della velocità anche per andare a portare i figli a scuola. C’è un dato allarmante che ho letto poco tempo fa: negli ultimi anni la velocità media dei pedoni è aumentata del 30%. In alcune città siamo ormai arrivati al paradosso per cui si fa prima ad andare a piedi che in auto. Eppure continuiamo a scegliere l’auto e a rischiare di più».

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