Vittima di abusi dal padre adottivo: l'uomo condannato a nove anni

Rimini

RAVENNA. Adottata da una famiglia ravennate quando era ancora bambina (dopo un’infanzia a dir poco difficile in Sud America per via dell’abbandono della madre alcolizzata e la decapitazione del padre biologico avvenuta sotto i propri occhi da parte di una banda armata quando aveva appena 4 anni), quando divenne adolescente si ritrovò secondo l’accusa vittima di abusi da parte del padre adottivo che per anni l’avrebbe costretta ad avere rapporti sessuali con lui.

Episodi che sarebbero avvenuti a cavallo tra il 1998 e il 2005, iniziati quando era ancora minorenne, ma che emersero solo una decina di anni più tardi e in modo incidentale, quando la giovane si recò a sporgere denuncia ai carabinieri contro il compagno accusandolo di maltrattamenti in famiglia.

L’accusa

Fu in quel contesto che, aprendosi con i militari, riferì per la prima volta le morbose attenzioni rivoltegli, fatti in gran parte nel frattempo già prescritti. Residuavano gli ultimi mesi di molestie per le quali il genitore adottivo è stato condannato ieri dal collegio presieduto dal giudice Corrado Schiaretti (a latere Andrea Galanti e Janos Barlotti) a nove anni; il sostituto procuratore Angela Scorza aveva invece chiesto una pena di sei anni. Rinviata in sede civile la determinazione del risarcimento del danno nei confronti della ragazza che, assistita dall’avvocato Massimo Ricci Maccarini, si era costituita parte civile chiedendo 200mila euro a parziale ristoro di quello che aveva dovuto subire.

La difesa

Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro 90 giorni. Solo una volta che saranno pubblicate le ragioni della decisione, la difesa dell’imputato, assistito dagli avvocati Nice Zauli e Guido Maffuccini, valuterà se ricorrere in appello. Ricorso che appare comunque scontato alla luce delle perplessità espresse in aula dai legali. Nel sostenere la loro richiesta di assoluzione, avevano infatti evidenziato elementi che a loro avviso avrebbero minato l’attendibilità delle contestazioni mosse, a partire dalla vaghezza della collocazione temporale degli episodi (non vi sarebbero riferimenti certi ai rapporti sessuali, che per l’accusa avvenivano anche due volte a settimana) che ha impedito l’eventuale dimostrazione della presenza o meno del padre adottivo a casa (l’uomo infatti era spesso assente per lavoro) per proseguire poi con la mancata conoscenza della vittima dell’alterazione fisica del genitore acquisito, provata da certificazione medica ma a cui la ragazza avrebbe detto di non aver fatto caso perché disgustata da quello che era costretta a subire. Tra i motivi di dubbio sollevati dai difensori anche l’inusuale comportamento della ragazza che, anche una volta andata via di casa per convivere con il primo compagno, aveva mantenuto stretti rapporti con i familiari adottivi, aspetto che per i legali stride con la gravità delle contestazioni addebitate all’uomo.

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