Rabbia dopo una multa, Cagnoni a processo per resistenza a pubblico ufficiale

Rimini

RAVENNA. «Venne verso di noi, prese il foglio con la multa, la appallottolò. Poi ci aprì la portiera dell’auto e lanciò tutto dentro con disprezzo. Non sapevo chi fosse quell’uomo e solo dopo gli chiedemmo i documenti. Sulla patente c’era il suo nome: Matteo Cagnoni».

A parlare in aula è l’agente della polizia municipale che nel gennaio del 2014 denunciò il medico ravennate - attualmente a processo per l’omicidio della moglie Giulia Ballestri – per rifiuto di fornire le proprie generalità e resistenza a pubblico ufficiale. Reati per i quali Cagnoni, in attesa di sapere l’esito del procedimento in Assise, è attualmente a giudizio di fronte al giudice Federica Lipovscek.

«Un procedimento che forse, senza l’eco mediatica di questi tempi sarebbe stato destinato all’archiviazione» Si lascia scappare a fine udienza il suo difensore, l’avvocato Giovanni Trombini.

Ma c’è anche chi, invece, ora vede in quell’episodio una sorta di spia di allarme. Un fatto che, in piccolo, poteva essere sintomatico di una personalità aggressiva.

Ma cosa successe il 10 gennaio del 2014 in via Cattaneo a Ravenna, a pochi metri dallo studio del dottor Cagnoni?

A ricordarlo in aula è l’agente della pm. «Fummo chiamati da un residente che non riusciva a uscire dal garage perché un’auto era parcheggiata parzialmente su uno spazio coperto da passo carrabile». Si trattava dell’ormai “famosa” monovolume nera di Cagnoni. «Aiutammo il signore a fare manovra e a uscire da casa e compilammo il modulo per fare la contravvenzione. Ma all’improvviso dallo studio uscì un signore che poi capimmo essere Cagnoni. Prima andò verso l’uomo in auto e poi ci disse che stavamo facendo qualcosa di illegale, che non avevamo nemmeno il cappello di ordinanza e che conosceva delle persone dentro al Comando». Poco dopo, stando alla testimonianza dell’agente, Cagnoni si avvicina con fare veemente anche all’uomo che aveva chiamato la polizia municipale. «Gli mise una mano sul finestrino ancora aperto e gli disse qualcosa. Cosa? Non saprei».

Poco dopo però Cagnoni viene invitato a spostare l’auto e, stando alla denuncia, mette in moto incurante che sulla sua traiettoria si trova ancora la vigilessa. «Gli urlai contro e gli dissi di fermarsi. Anche il mio collega capì che aveva un fare minaccioso e mise l’auto di servizio di traverso per ostruire le vie di fuga. Fu in quel momento che gli chiesi i documenti». Ma Cagnoni all’inizio si sarebbe rifiutato di fornirli. Infine il gesto più eclatante: Cagnoni che prende la multa la appallottola e la getta nell’auto degli agenti.

Per il primo reato - ovvero l’essersi negato a fornire le proprie generalità – Cagnoni ha già deciso di ricorrere a un’oblazione. Termine tecnico che indica il pagamento di una sanzione che estingue il reato. Ma per la resistenza a pubblico ufficiale, invece, il processo continua. Il suo legale sul punto ribatte: «Impossibile che ci sia stata una resistenza a pubblico ufficiale; come è stato detto oggi in aula la multa a Cagnoni era stata già fatta prima che arrivasse in strada. A cosa si sarebbe opposto?».

La sentenza arriverà solo nei prossimi mesi e solo dopo l’esame dell’imputato. Il medico ha già fatto sapere che ci sarà. Prossimo appuntamento in aula a fine febbraio. Per l’omicidio, invece, si ricomincia domani. c.d.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui