Farmacie Comunali, la procura chiede l'archiviazione

Rimini

RAVENNA. Nessuna anomalia nei bilanci delle Farmacie Comunali, quei conti sono in regola senza l’aiuto sospetto di “doping contabile”. E così la Procura della Repubblica ha chiesto l’archiviazione per l’inchiesta avviata all’inizio dell’anno. Il fascicolo era stato aperto dopo la presentazione di alcuni esposti arrivati a palazzo di giustizia tra il gennaio e l’ottobre del 2015, esposti dettagliati che sono stati addirittura integrati da altra documentazione, almeno fino allo scorso novembre. Ora sarà il gip Piervittorio Farinella a decidere se archiviare definitivamente o chiedere un supplemento di indagine. Negli esposti erano stati messi in evidenza alcuni dati legati al bilancio del 2014, quando il fatturato di Ravenna Farmacie era sceso da 68 milioni a 66 milioni di euro. Ben undici milioni in meno in soli 4 anni, rispetto ai 77 milioni del 2011. Eppure la società chiudeva con un attivo di 300mila euro, il tutto nonostante il consumo di farmaci in provincia fosse sceso del 7,7 %. Dati all’apparenza incongruenti che avevano spinto la Guardia di Finanza - a cui è stata delegata l’inchiesta - a recarsi in Comune per acquisire documentazione utile agli investigatori.

Nel corso dell’indagine la procura non ha mai ritenuto necessario iscrivere nessun nome nel registro degli indagati. Ma prima dell’inchiesta penale, Ravenna Farmacie era stato al centro anche di un caso politico. Nel maggio del 2015 il consigliere di opposizione Alvaro Ancisi aveva criticato alcune situazioni contabili a suo dire “anomale”. Quando in consiglio comunale era stato approvato il bilancio d’esercizio del 2014 era infatti emerso un utile netto di 298mila euro, con un aumento di 200mila euro rispetto al 2013, mentre nel 2012 c’era stato uno “storico” passivo di 500mila euro. Come era stato possibile riportare i conti in attivo in così poco tempo? Analizzando l’ultimo bilancio di Ravenna Farmacie per Ancisi stonava soprattutto un dato: il valore dei farmaci invenduti e ancora immagazzinati era infatti passato dai 9,8 milioni del 2011 ai 13 milioni del 2014, con un aumento del 41%. Per il consigliere d’opposizione però si era trattato di un potenziale “doping” contabile e per dissipare ogni dubbio aveva chiesto un inventario fisico del magazzino.

«Siamo certi di aver agito nel pieno rispetto della legge e dell’azienda: abbiamo fiducia nella magistratura». Così i vertici dell’azienda avevano invece commentato la notizia dell’apertura dell’inchiesta. «Siamo sereni - aveva aggiunto il presidente Paolo Pirazzini -: la gestione dell’azienda è orientata al solo interesse dei clienti e degli enti soci». L’inchiesta gli ha dato ragione.

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