«Non avevamo intenzione di fuggire in Svizzera»

Rimini

RAVENNA. «Nessuna intenzione di fuggire all’estero». La scelta di trasferirsi in Svizzera sarebbe stata una mera scelta di opportunità logistica per favorire lo sviluppo delle varie società a loro riconducibili «mentre il centro di interessi è e sarebbe rimasto a Ravenna».

E’ in sintesi quanto spiegato da Giuseppe Musca, l’ex vicesindaco 66enne finito in carcere nel weekend scorso insieme al figlio 37enne Nicola e alla compagna 47enne Susi Ghiselli, che ha risposto in sede di convalida alle domande del gip Piervittorio Farinella fornendo la propria versione in seguito al fermo emesso dalla Procura a firma del procuratore capo Alessandro Mancini e dei sostituti procuratori Lucrezia Ciriello e Monica Gargiulo, gli stessi magistrati che stanno coordinando la maxi inchiesta della Guardia di Finanza ribattezzata “Holiday Out”.

Un’indagine che nell’aprile scorso portò al clamoroso sequestro del Grand Hotel Mattei, albergo a 4 stelle riconducibile alla famiglia Musca e a congelare i loro beni, tra cui diversi appartamenti; ma se all’epoca il provvedimento era finalizzato ad evitare la reiterazione del reato contestato, ovvero la bancarotta fraudolenta, ora gli inquirenti hanno ipotizzato che quelli che il procuratore capo ha definito senza mezzi termini «tre personaggi che costituiscono il centro di criminalità economico finanziaria più importante e rilevante del territorio ravennate» stessero tentando di sottrarsi alla giustizi italiana trasferendosi armi e bagagli oltre frontiera.

Un “trasloco” ormai imminente come emerso dalle intercettazioni telefoniche, che hanno impresso una svolta nelle indagini. Destinazione Chiasso, in Canton Ticino ma a due passi dall’Italia. E’ nella cittadina elvetica infatti che stavano prendendo domicilio («dal primo settembre mi trasferirò - riferisce Nicola Musca al telefono ad un amico -. Tre anni in affitto poi vedrò. Ho trovato un appartamento carino in collina, due camere da letto, salone cucina abbastanza grande») anche se la scelta sembra più imposta che voluta («ci tocca trasferirci»). Per farlo, come emerso da un dialogo tra Musca senior e la moglie, avevano anche chiesto l’estratto del casellario giudiziario. Inoltre era stata messa in vendita anche una villa di famiglia, un immobile di pregio con piscina del valore di un milione e 300mila euro.

Segnali che la Procura ha inteso come la volontà di allontanarsi da acque agitate ma che i Musca hanno invece descritto come una scelta di natura prettamente economica. Assistito dai difensori Luigi Stortoni e Maurizio Merlini, Giuseppe Musca è stato il primo a entrare nell’aula, seguito dalla compagna (tutelata dall’avvocato Giovanni Scudellari e dal collega Antonio Primiani) e dal figlio Nicola (difeso dall’avvocato Ermanno Cicognani). In tutto quasi tre ore in cui i tre hanno ribadito come Ravenna sarebbe rimasta il fulcro della loro vita. L’ex vicesindaco e la moglie avrebbero continuato a vivere in città, come dimostrato anche dalla recente iscrizione della figlia piccola della coppia a scuola per il prossimo anno scolastico, mentre Nicola avrebbe fatto la spola con la Svizzera, restandovi tre o quattro giorni a settimana «per cercare un lavoro» dopo il sequestro dell’hotel e seguire le varie attività. D’altronde oltre a diversi conti correnti aperti nelle banche oltre frontiera, i Musca risultano avere interessi economici in terra elvetica, tra cui una società, la Italventure, fondata nel 2012 ma dichiarata al fisco italiano solo lo scorso anno in cui, evidenziano gli inquirenti, risultano essere stati «catalizzati il patrimonio immobiliare e le liquidità dei Musca». La Procura ha chiesto la convalida e la custodia in carcere per tutti i componenti della famiglia, decisioni sulle quali il gip si è riservato. (gi.ro.)

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