Morto dopo la festa, assolti gli amici

Rimini

RAVENNA. Tutti assolti per insufficienza di prove. Si è concluso così, ieri sera, il processo che vedeva quattro ragazzi imputati per omissione di soccorso in relazione alla tragica morte del 28enne ravennate Andrea Scotti.

Scotti morì la notte del 20 febbraio del 2010 nella sua abitazione a causa dei postumi di una rovinosa caduta avvenuta poche ore prima a Rimini, dove insieme a un gruppo di amici era andato ad una fiera della birra. L’allora 28enne cadde mentre stava scendendo da un autobus nel piazzale della stazione ferroviaria riminese. Eppure quando un’ambulanza arrivò sul posto nessuno informò i medici di quel trauma e lo stesso giovane rifiutò il ricovero. A chiamare quell’ambulanza non erano stati nemmeno gli amici del 28enne ravennate, ma alcuni agenti della polizia ferroviaria in servizio in stazione che videro quel gruppo di ragazzi portare a spalla il povero Andrea verso il binario da cui era in partenza il treno per Ravenna. Si poteva salvare Andrea? Perché venne nascosta quella caduta ai medici? E perché, in seguito, molti tacquero sul consumo di droga? In questi anni a porsi queste domande, oltre alla Procura di Ravenna, sono stati soprattutto i suoi genitori che - tutelati dagli avvocati Giovanni Scudellari, Ivonne Milani e Antonio Primiani - si sono costituiti parte civile.

Nel febbraio del 2013 due dei sette indagati venero condannati in abbreviato. Un cervese di 35 anni venne condannato a dieci mesi per spaccio e a un anno e due mesi per omissione di soccorso e favoreggiamento. Mentre un 32enne di Savio rimediò una pena a 8 mesi per droga e 8 mesi per favoreggiamento (quest’ultimo non era accusato di omissione di soccorso). Per entrambi ci fu una provvisionale da 100mila euro da pagare ai genitori di Scotti come risarcimento. Altri quattro indagati (di un’età compresa tra i 39 e i 28 anni) scelsero invece il processo con rito ordinario e ieri sono stati assolti. Erano tutti accusati di omissione di soccorso e favoreggiamento. Tra gli indagati (ma con la sola accusa di omissione di soccorso) c’era anche la fidanzata 34enne di Andrea, l’unica secondo l’accusa a collaborare con la polizia dopo la tragedia. Fu proprio lei, poche settimane dopo i fatti, a rompere quel muro di omertà e pudore tornando in procura per raccontare di aver visto girare droga nel gruppo. L’inchiesta da allora prese inevitabilmente un’altra strada. La ragazza è attualmente sotto processo a Rimini. (c.d.)

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