Anziana strangolata, arrestato il figlio

Rimini

 

RAVENNA. Sommerso dai debiti e rovinato dai videopoker. Una passione maledetta che lo avrebbe spinto ad uccidere la madre; Pia Rossini, 81 anni, strangolata con la cintura del suo accappatoio nel salotto di casa in un incontrollabile impeto di violenza lo scorso 14 aprile. Pia, quella mattina, non doveva andare solo dal medico, ma doveva passare prima in banca e poi alle poste per vedere quanti soldi le erano rimasti sui suoi due conti correnti, letteralmente prosciugati dal figlio. Ma quel giorno Pia avrebbe inevitabilmente scoperto di essere finita in rosso, nonostante due pensioni di reversibilità da 1.600 euro al mese, una casa di proprietà e una recente eredità da migliaia di euro. Il figlio Secondo Merendi, 57 anni, ex meccanico esodato divorato dalla malattia per il gioco d’azzardo, non voleva e non poteva permettersi di essere smascherato e per questo - secondo la procura - l’avrebbe strangolata e uccisa. Poi avrebbe cercato di sviare le indagini recitando la parte del figlio distrutto dal dolore, quello che il giorno dei funerali si mise anche una camicia nera per seguire il feretro della povera Pia.

E’ degna dei migliori noir di provincia la clamorosa svolta presa dalle indagini sul “giallo di Cotignola”. Merendi è stato arrestato alle 15 di ieri con l’accusa di omicidio volontario aggravato. Nell’ordinanza del gip Piervittorio Farinella ci sono le prove raccolte in 29 giorni di indagini serratissime dirette dal procuratore capo Alessandro Mancini e dal sostituto procuratore Stefano Stargiotti. Sono stati loro a coordinare il lavoro investigativo dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Ravenna, di quelli di Lugo e della stazione di Cotignola e di Barbiano. Tutti insieme, giorno e notte, per ricostruire tassello dopo tassello un mosaico tutt’altro che scontato emerso poco a poco tra intercettazioni, ricerche di Dna e racconti crollati sotto il peso delle bugie.

L’allarme in via Corriera 3, a Cotignola, era scattato nella tarda mattina del 14 aprile. In un primo momento si era addirittura ipotizzato il suicidio della donna. Ma mancavano biglietti di addio e le modalità erano troppo anomale. Pia Rossini, inoltre, non era depressa ma ancora in salute e piena di vita. Ma anche la rapina ad opera di qualche disperato era un’ipotesi che non stava in piedi, perché Pia - a detta di tutti - non apriva mai a nessuno. Ecco, allora, la prima conclusione logica: «La vittima conosceva l’assassino». E così gli inquirenti sin dalle prime ore hanno dirottato le indagini in ambito familiare, passando al setaccio il passato e il presente di chi abita in quelle tre case di via Corriera. Ed ecco spuntare quella passione per il gioco, i debiti, un movente forte. «Non ero in casa», aveva detto Secondo Merendi agli inquirenti. Ma il suo cellulare e alcuni testimoni lo hanno smentito. A caldo aveva anche provato a suggerire la pista della rapina, magari di qualche tossico di passaggio: «Mancano 200 euro» aveva detto. Era vero. Solo che mancavano da un solo cassetto. E guarda caso il “tossico di passaggio” era andato a cercarli a botta sicura, lasciando chiusi tutti gli altri. E poi il dna sulla cintura del delitto: solo il suo e quello della madre. Abbastanza, insomma, per farlo finire dentro.

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