Dieci indagati tra i verticidi Cmc, Autorità portuale e Sapir

Rimini

RAVENNA. I fanghi, in parte provenienti dagli scavi di approfondimento del Candiano e in parte prelevati da altri siti, dovevano restare solo temporaneamente nelle casse di colmata. Invece, a dispetto di autorizzazioni rilasciate dalla Provincia e scadute da anni (le più recenti al 31 dicembre 2012, ma ve ne sono alcune risalenti addirittura al 2004), non sono mai stati spostati; anzi, nel tempo gli apporti si sono sovrapposti a quelli precedenti trasformando nei fatti quella che doveva essere una sistemazione temporanea in una discarica abusiva permanente. Attualmente nelle otto casse di colmata finite nel mirino della magistratura risultano stoccati qualcosa come 3.300.000 metri cubi di materiale tanto che i depositi risultano al limite della capienza. Ed è proprio partendo dalla situazione attuale che è partita l’indagine, scaturita da una informativa dell’Arpa del febbraio scorso.

Un’inchiesta seguita in prima persona dal procuratore capo Alessandro Mancini, affiancato dal sostituto procuratore Marilù Gattelli, magistrato con delega ai reati in materia ambientale insediato in città da poche settimane e già alle prese con un fascicolo delicato. Una decina finora gli indagati, tra i quali figurano l’attuale presidente dell’Autorità Portuale Galliano Di Marco e il predecessore Giuseppe Parrello, alla guida dell’ente fino al 2012; oltre a loro risultano coinvolti anche i vertici della Sapir (l’attuale presidente Matteo Casadio, il precedente presidente Giordano Angelini e l’amministratore delegato Roberto Rubboli) e i dirigenti e legali rappresentanti vecchi e nuovi della Cmc Massimo Matteucci, Dario Foschini, Alfredo Fioretti, Guido Leoni e Maurizio Fucchi.

L’ipotesi contestata è quella relativa alla violazione dei commi 1 e 3 dell’articolo 256 del cosiddetto decreto Ronchi del 2006, ovvero il mancato rispetto delle normative in materia di gestione dei rifiuti; oggetto dell’indagine sono gli smaltimenti di fanghi asportati e depositati nelle casse di colmata in vista, come previsto dalla normativa in materia ambientale, di un successivo recupero. Proprio per tale ragione nel tempo dagli enti competenti erano state rilasciate varie autorizzazioni, le prime delle quali rilasciate sin dal lontano nel 1994. Ma quei fanghi, classificati dalle norme come rifiuti speciali non pericolosi, non sarebbero invece mai stati trasferiti nonostante la presenza di contratti di appalto tra Ap, Cmc e Sapir, tanto che i depositi risultano al limite. Anzi, gli apporti sarebbero proseguiti nonostante la scadenza dei termini fissati dalle concessioni. Nell’ambito dell’indagine sono state disposte anche diverse perquisizioni, eseguite nella giornata di martedì dagli uomini del Corpo Forestale che ha sequestrato un’ampia mole di materiale cartaceo tra istanze autorizzative, registri di carico e scarico, convenzioni, fatture, quietanze e altra documentazione contabile.

La situazione di alcune di quelle casse di colmata oggetto d’indagine erano finite anche in passato al centro del dibattito, soprattutto quando, nel dicembre del 2008, si verificarono sversamenti nella pialassa dei Piomboni.

 

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