Morte di Bovolenta, due medici a processo

Rimini

Per la morte di Vigor Bovolenta stroncato a 37 anni sul campo da gioco da un malore cardiaco il 24 marzo 2012 due medici sono stati rinviati a giudizio; per loro il prossimo 9 luglio proseguirà l’iter giudiziario. In quella data, nella cosiddetta “seduta di smistamento”, i medici Maurizio Mambelli, professionista cesenate che era in servizio al Medoc di Meldola e Matteo Scarpa, faentino che lavorava in un centro di Forlì, torneranno in aula davanti al giudice Giorgio Di Giorgio; da quel momento avrà inizio il processo vero e proprio dopo che gli atti erano stati trasferiti per competenza in Romagna dalla Procura di Macerata (luogo dove era avvenuta la morte dell’atleta in forza all’allora Softer Volley Forlì). Ieri il gup Alessandro Trinci ha respinto l’obiezione sollevata dagli avvocati dei medici (i legali Giorgio Fabbri e Giorgio Mambelli) che ritenevano non ammissibili i risultati della prima autopsia eseguita sul corpo senza vita del gigante del volley per carenza della controparte che non ne aveva potuto prenderne visione. Trinci ha respinto tale richiesta e di conseguenza le risultanze che indicavano il decesso come conseguenza di una trombosi acuta con fibrillazione della coronopatia destra per grave aterosclerosi sono valide ai fini dell’istruttoria. E’ chiaro che questo processo, che tanto ha scosso il mondo dei tifosi del campione che ha lasciato la moglie e cinque figli (l’ultimo dei quali nato poco dopo la sua morte) si concentrerà molto sulle procedure della medicina sportiva e gli accertamenti diagnostici a cui Bovolenta non fu sottoposto con cura. L’accusa infatti dalla quale muove il procuratore Sergio Sottani e il sostituto procuratore Filippo Santangelo è quella dell’omicidio colposo; a loro avviso la patologia di cui soffriva il campione di origini venete ma ravennate d’adozione gli sarebbe dovuta essere stata diagnosticata dai medici che rilasciarono i certificati di idoneità sportiva agonistica, ma le difese degli imputati sono sicure di dimostrare la correttezza dei loro assistiti che - secondo le prime argomentazioni dei mesi scorsi - non erano tenuti a sottoporre il giocatore ad analisi invasive perché lo stesso non aveva manifestato dolori o segnali tali da doverne provocare la tutela nonostante in passato, diversi anni prima della morte, Bovolenta si fosse dovuto fermare per alcuni mesi per extrasistole. Sul fronte della parte civile la moglie e i genitori di Vigor Bovolenta hanno scelto gli avvocati Vittorio Manes, forlivese, e Franco Coppi (noto penalista romano che in passato ha difeso Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi) per chiarire quello che si sarebbe potuto evitare con l’obbligo di non fare scendere in campo “Bovo”. (pi.car.)

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