Cosa c'è dentro il decreto sicurezza

Rimini

Dentro una norma, di solito, c’è un pensiero. Buono o cattivo che sia. Ci sono obiettivi dichiarati e altri nascosti, figli di convinzioni, di calcoli, giudizi e pregiudizi. Quando si dice di buon senso, bisogna fare uno sforzo maggiore per comprendere il senso. 13 anni fa andai, in delegazione politica, a visitare Beirut, pochi giorni dopo l’assassinio del Premier Hariri, gli appuntamenti forti erano l’incontro con l’eroe delle lotte di liberazione degli anni 80, il leader Druso Walid Jumblat, una delusione, la visita ai campi profughi di Sabra e Shatila e al cimitero della strage. Un piccolo campo incolto con sotto tre mila palestinesi. Enorme emozione.

Avevo sempre sostenuto, senza se e senza ma , la battaglia dei palestinesi contro Israele, avevo sempre visto come giusta solo una delle ragioni in campo. Fra la rivoluzione delle pietre dei palestinesi e i fucili degli israeliani, non c’era che una scelta da fare. Pensavo. Era buon senso, pensavo.

Ma quel viaggio mi apri gli occhi. Nei campi profughi c’erano(e ci sono), decine di migliaia di palestinesi, diverse generazioni, allevate all’odio.

I campi si basano su due regole rigidissime:

-nessuna integrazione sul territorio libanese;

-il ritorno in patria

I palestinesi dei Campi non possono studiare, lavorare, avere proprietà. Perché devono tornare a casa loro. E se non tornano la colpa è di Israele che occupa il loro territorio.

Ho visto la più grande fabbrica d’odio del mondo. I bambini con i mitra, gli adulti che alimentano i cattivi pensieri, le persone diventare bombe. A pochi km dalla meravigliosa e opulenta città di Beirut. I fratelli musulmani.

Ho conosciuto un altro pezzo di verità. Come si alimenta l’odio. Nella forma più estrema, certo. Non importa adesso la direzione, mi interessa capire il senso più profondo di un sentimento nero.

Devono tornare a casa, impossibile, quindi non si possono integrare. È buon senso, no? No!

Con molte differenze, con un sentimento che non è proprio nerissimo, ma più sfumato, con molte gradazioni di grigio, è un po’ il senso del Decreto Sicurezza.

Sullo sfondo c’è una scena comune, i morti sotto un campo incolto e quelli nel mare profondo del Mediterraneo.

Salvini ha trasformato in norma l’alito cattivo della sua propaganda. Sono croceristi, ladri, delinquenti, la pacchia deve finire. Quindi rifiuta lo stesso concetto di integrazione. Gli Sprar, dove si imparano l’italiano e un mestiere, solo per i minori non accompagnati e per pochissimi casi, dicono le nuove regole, gli altri? Vanno ad ingrossare la clandestinità, riempire gli spazi sotto i ponti, le panchine dei parchi e delle stazioni. Perché? Perché devono tornare a casa loro, come? Quando? Quali accordi Internazionali? Niente. Se li prenderanno i fratelli nazionalisti, Orban, Kurz, Putin? Neanche per idea. Come i fratelli musulmani si guardano bene dal prendersi i palestinesi dei campi profughi. Non è questo il gioco. Intanto sono lì in mostra. Tutti possono vedere che non fanno niente, il loro ciondolio nelle strade. Qui la questione dei flussi in entrata non c’entra alcunché, sono diminuiti già con Minniti, devono diminuire. Parliamo di coloro che sono già in Italia!

Le aziende del bresciano o del Veneto ne avrebbero bisogno, il 30% del loro fabbisogno di manodopera è scoperto e noi dimezziamo gli Sprar e i progetti di integrazione! Gli africani oggi sono 1.3 miliardi di persone, fra 35 anni 2.5 miliardi. Ci saranno 60 milioni di europei in meno. Uno scenario con enormi rischi.

Noi lo affrontiamo così.

Costruendo vere fabbriche d’odio. Dicendo che è buon senso.

(*) analista politico

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