Rimini, assalto alla sala slot: botte al dipendente
- 23 novembre 2018

Al momento di uscire, però, spiana la strada ai complici mascherati e armati di bastoni e “piede di porco”. I banditi aggrediscono il dipendente, lo strattonano e lo buttano a terra. Un metodo spiccio per fare intendere che fanno sul serio. Poi, esprimendosi esclusivamente in inglese, pretendono che l’uomo consegni loro le chiavi delle macchinette. «Non ce l’ho, vi giuro, io non ce l’ho!». Non gli credono. Lo spingono di nuovo. Gli schiacciano la faccia sul pavimento e lo minacciano di morte, fino a quando si convincono che non sta facendo la scena. Così gli ordinano semplicemente di aprire la cassaforte a tempo. Il dipendente ubbidisce come un automa: uno dei malviventi gli tiene stretto il braccio sul collo, fino a quando decidono di sbarazzarsi della sua presenza, a quel punto inutile, e lo chiudono a chiave in uno stanzino sul retro.
A quel punto forzano le slot, a una a una, forzandole con il piede di porco. Tra di loro non si scambiano neppure una parola: sanno che cosa fare, ognuno svolge la sua parte.
Via via ripuliscono il fondo cassa e il contenuto della cassaforte: circa seimilacinquecento euro. A questa somma si deve aggiungere il bottino ricavato dalle slot: non c’è ancora una stima precisa, ma potrebbe trattarsi di almeno 20-25mila euro (le macchinette vengono svuotate settimanalmente). In un cassetto trovano le chiavi della Fiat Cinquecento del dipendente e prendono anche la macchina. Non è chiaro, invece, con quale mezzo siano arrivati sul posto. Le telecamere esterne sono al vaglio degli investigatori della Squadra mobile. Prima di andarsene dalla sala slot i rapinatori hanno portato via la “cassetta” con le immagini della videosorveglianza interna. Arduo il lavoro della Scientifica: i malviventi indossavano i guanti.
A dare l’allarme, poco dopo le 4.30, è lo stesso ostaggio: quando non sente più alcun rumore, sfonda la porta. «Erano almeno in cinque, credo stranieri», dice, ancora sotto choc, agli uomini della Squadra anti-rapina e agli agenti delle Volanti accorsi dopo la chiamata. Adesso è caccia alla banda: l’impressione è che non si tratti di gente alle prime armi.