Rocker, regista, star: Ligabue è tornato

Rimini


RIMINI. T-shirt nera, gilet, e una rinnovata voglia di adrenalina, dopo sei mesi di stop e un’estate sul set a trasformare in immagini il suo “Made in Italy”.
Rimini e i suoi 6000 accolgono con particolare trasporto Luciano Ligabue da Correggio, che sale sul palco dell’Rds Stadium insieme al suo alter ego Riko («uno di noi») e riparte da qui nascondendo bene un po’ di emozione.
Ore 21: non è ancora cominciata la musica che dietro, sul grande nastro orizzontale, scorrono le primissime immagini del film con Stefano Accorsi e Kasia Smutniak che uscirà nel 2018: «Come sono arrivato qui?», «cosa ci faccio qui?» c'è scritto sui cartelli che mostrano gli attori. Poi Liga sale sul palco in uno sfavillio psichedelico di pixel e la band – già accolta da un'ovazione – è subito protagonista: Federico Poggipollini (chitarre elettriche, cori), Davide Pezzin (basso), Max Cottafavi (chitarre), Luciano Luisi (tastiere, cori), Michael Urbano (batteria, percussioni), Massimo Greco (tromba e flicorno), Emiliano Vernizzi (sax tenore) e Corrado Terzi (sax baritono). Carichi, potenti e precisi.
Il peggio è passato, la voce è tornata, il pubblico c’è e anche Liga, eccome se c'è. L'inizio ripercorre quello dell'album. “Made in Italy” è una storia di disillusione che si snoda tra i riff, anche se con questo “tiro” c'è poco spazio per l'amarezza; da “La vita facile” a “Mi chiamano tutti Riko” (con immagini di un Accorsi zingaresco davanti a una mortadella gigante), tutto dal vivo guadagna spessore. «Dove eravamo rimasti?» dice Liga, e attacca con “È venerdì, non mi rompete...”. Per sei volte nel corso della serata si vedranno spezzoni del film. E Riko prende vita, pezzo dopo pezzo. Riko siamo noi, noi che aspettiamo il venerdì per mandare tutto e tutti a quel paese, noi un po’ sfigati e tanto stanchi, ma pronti a scatenarci al ritmo di “G come giungla”, e via tutti in piedi a saltare.
Il palco è bellissimo, essenziale, aperto ai lati e proteso in avanti. Ma a differenza di come il tour era cominciato a febbraio, il set adesso mescola i brani nuovi ai successi di sempre. Ecco “Ho messo via”, il primo momento più intimo, ecco “L’odore del sesso”, ecco “Happy hour”.
Questi sei mesi sono serviti anche a far sedimentare un disco complesso, ma presto diventato un piccolo classico nella sua discografia. Quattro singoli sono già usciti da “Made in Italy” (triplo platino), in radio sta girando “Ho fatto in tempo ad avere un futuro”, e Riko ormai è uno di casa, come «un treno che non ferma mai, non cambia mai, non smette mai».
“Sogni di rock’n'roll” è struggente e corale. Liga, da solo con la chitarra, sembra camminare sulla platea. Poi intona “A modo tuo”, e gli risponde un mare di braccia blu che lui riprende e rimanda in diretta sullo schermo.
“Ho perso le parole” è scandita da tutti. Quindi arriva l'intensa “Piccola stella senza cielo”, che prelude a un omaggio alla città che lo ospita. «Come qualcuno di voi saprà – dice – ho fatto un film, sono passati 16 anni dal precedente, e pensate un po' dove l'avevo girato?». Il coro è unanime: «A Rimini!». E via con “Questa è la mia vita” che fu colonna sonora di “Dazeroadieci”. Poi “Made in Italy” è accompagnata da scene girate alle ex Officine Reggiane e da una immagine della stazione di Rimini.
Per tirare il fiato serve un intermezzo acustico, e allora ecco, rivisitate, due hit come “Non è tempo per noi” («certi giorni ci chiediamo, è tutto qui? E la risposta è sempre sì») e “Lambrusco e pop corn”. Liga le canta per un pubblico che ricambia con trasporto la passione. E da qui è un’escalation: “Balliamo sul mondo” e “Tra palco e realtà” chiamano a raccolta gli ultimi spiccioli di energia da spendere per il gran finale: “Certe notti” e “Urlando contro il cielo”. Un urlo che da Rimini rimbalza a Lugano, Milano, Roma... per 34 date tra cui anche Pesaro il 18 ottobre. Eh sì, Ligabue è tornato.

QUI TUTTE LE IMMAGINI DELLA SERATA:

http://www.corriereromagna.it/gallery 

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