«I Savi hanno ucciso mia mamma: sono vissuto per ammazzarli»

Rimini

RIMINI. Nel 1990 Mirco è un bambino di nove anni, vive in una roulotte con la sua famiglia, in un campo nomadi a Bologna, in via Gobetti. Quel 23 gennaio la sua mamma muore, uccisa dai proiettili dei Savi. Mirco è Mirco della Santina, un ragazzino diventato uomo sperando di vendicarsi, di uccidere i tre fratelli, perché non riesce a credere che siano in prigione per davvero. Un giorno va alle giostre con una pistola in mano solo perché qualcuno gli dice: c’è un bambino che è il figlio di uno degli assassini di tua mamma. Lo racconta dai gradoni di piazza Cavour, ieri pomeriggio in occasione della Giornata nazionale dei Sinti. «Non alimentate l’odio – implora – perché poi c’è qualche matto che quell’odio lo mette in pratica».

“Vivevo nell’odio”

Mirco oggi ha moglie e quattro figli, la sua forza, oltre alla fede. Ma ricorda benissimo quello che è successo, quando sono «andato là nella stanza da letto, avevo nove anni e ho visto la mia mamma priva di vita».

Un dolore straziante. Per un figlio l’inizio di un trauma che lo accompagna fino a vent’anni e più. «Mio babbo si consolava con l’alcool, mio fratello è finito nella delinquenza, mia sorella si era calata nei panni della mamma. Io crescevo nell’odio, avevo giurato che mi sarei vendicato, volevo uccidere queste persone. Non credevo che i Savi fossero in galera, ma che in qualche maniera fossero protetti dallo Stato».

La parte più terribile del piano di vendetta, Mirco la racconta alla fine, dopo il lieto fine, dopo l’incontro con la religione, sua moglie e la nascita del figlio. Prima di tutto questo, Mirco incontra la delinquenza e si trova fra le mani una pistola da custodire.

“Ora perdono tutti”

Ecco. «Avevo giurato vendetta. E mi vengono a dire che al luna park di Bologna c’è un bambino, che è il bambino di quelli della Uno Bianca». Mirco lo va a cercare quel piccolo e dietro si porta l’arma. Ma non la usa. «Ho sentito una voce: Mirco fermati. Mi sono girato, ho cercato qualcuno, ma non c’era nessuno».

Mirco quel giorno si ferma. «Avrei messo in atto il piano dei Savi, il piano del nemico che era entrato nella mia casa. Quando ho incontrato un signore cristiano evangelico ho iniziato un percorso non semplice, venivo dalla strada e non accettavo consigli. Poi una sera chiuso nella mia roulotte ho invocato il Signore con tutto il cuore, ho cominciato a chiedere perdono per tutti i miei peccati. Io perdono quelle persone che volevo uccidere. Non voglio denunciare, voglio solo dire a chi fa vedere il male, di non alimentare l’odio verso i Sinti, in giro ci sono persone matte che aspettano solo il vostro via per fare del male».

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