Quattro ravennati in Svizzera per morire

Rimini

RAVENNA. La forza che abbandona le gambe, il dolore che arriva al cervello e non lo lascia, la sensazione di essere rimasti in vita un giorno di troppo e la voglia di morire: è così che, malati terminali, si arriva a desiderare il suicidio.

C’è chi ce la fa, facendosi aiutare dai medici: certo, non in Italia dove l’eutanasia non è prevista. Negli ultimi tre anni sono stati quattro i ravennati che hanno chiesto aiuto a “Exit Italia”, l’associazione per il diritto a una morte dignitosa, e sono andati a morire in clinica in Svizzera: un sorso d’acqua e veleno, e ci si addormenta per sempre. Sotto stretto controllo medico, e il giorno della morte lo decide il paziente.

Erano tutti uomini sulla cinquantina e malati terminali, i ravennati che sono andati a morire in Svizzera: chi aveva la sclerosi multipla, e chi un tumore allo stadio terminale. Hanno chiesto informazioni all’associazione presieduta da Emilio Coveri e sono partiti per le cliniche tra le montagne, senza fare mai ritorno. Con sé, la cartella clinica e gli esami medici, e la compagna della vita. E della morte.

«L’Emilia-Romagna è la terza regione per numero di iscritti alla nostra associazione - spiega Coveri -: su 3mila iscritti totali, quasi 400 sono emiliano-romagnoli. A Ravenna ha sede il nostro coordinatore regionale che opera su tutta la zona romagnola e raccoglie le richieste di aiuto dei malati del territorio».

Già, perché per il suicidio assistito in Svizzera, è necessario non solo essere malati, ma esserlo in maniera irreversibile e allo stadio terminale: dunque, bisogna essere comunque ancora in grado di intendere e volere. A certificare la gravità della situazione è una commissione medica che si riunisce appositamente per valutare i casi, cartella per cartella. «Abbiamo presentato una proposta di iniziativa popolare, assieme ai Radicali e all’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti sull’eutanasia e il testamento biologico. Chiediamo solo il diritto di poter scegliere sulla fine della nostra vita - scandisce le parole il presidente Coveri, la cui proposta di legge arriverà in commissione proprio a marzo -. Vede: noi riceviamo dalle 70 alle 80 telefonate a settimana e chi ci chiama è letteralmente disperato. A loro, possiamo solo dare informazioni: la legge ci impedisce di fare altro». Exit Italia informa i propri iscritti della presenza, in Svizzera, di quattro associazioni che seguono il suicidio assistito e da lì si parte per l’ultimo viaggio.

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