False certificazioni nautiche: sequestrate cinque imbarcazioni

Rimini

RIMINI. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini Sonia Pasini, su richiesta del pm Luca Bertuzzi, ha disposto il sequestro preventivo di cinque imbarcazioni da diporto prive dei requisiti di sicurezza, sebbene in possesso della relativa certificazione.

L’indagine affidata al personale della Capitaneria di porto rappresenta un filone collegato all’inchiesta “madre” del 2008 e vede al momento otto persone iscritte nel registro degli indagati con ipotesi di reato che vanno dalla truffa all’abuso d’ufficio, dal falso ideologico all’attentato alla sicurezza dei trasporti. Le misure preventive hanno coinvolto anche l’Istituto Giordano: in particolare è stata posta sotto sequestro la “Divisione nautica” dove «materialmente venivano rilasciate le false certificazioni alle imbarcazioni in tempi celeri - secondo quanto si legge in una nota della Capitaneria di porto di Rimini -, in modo da abbattere i costi connessi che l’esecuzione di controlli effettivi richiede ottimizzando in tal modo i profitti dell’Istituto».

Secondo l’accusa i sospettati avrebbero dato vita, avvalendosi delle strutture e di alcuni collaboratori dell’Istituto Giordano, a un meccanismo di «revisioni» facili per il rilascio certo e veloce (ma fraudolento, sempre secondo l’accusa) degli attestati di idoneità indispensabili per ottenere dalle rispettive capitanerie i certificati di sicurezza delle imbarcazioni.

I sigilli sono scattati nei confronti di imbarcazioni ormeggiate in Sardegna e a San Benedetto del Tronto. Rogatorie internazionali sono state fatte per individuare e sequestrare scafi di proprietà di un milanese (che risiede a Ibiza); di un cittadino austriaco e di un cittadino di uno stato centroamericano.

Un’ipotesi di truffa aggravata è, infine, ipotizzata a carico di un noto cantiere nautico nelle Marche ai danni di un’istituzione universitaria locale. Nel corso della prima indagine, cominciata nel 2007 dopo un controllo dei marinai della Capitaneria su un’imbarcazione ancorata alla darsena, emersero gravi irregolarità come l’inadeguata protezione antincendio, la presenza di fonti di innesco di miscele esplosive di gas e ossigeno, la sistemazione pericolosa di bombole di gas e la presenza di sostanze velenose. In quell’occasione gli investigatori arrivarono a ipotizzare l’esistenza di un’associazione per delinquere, e reati come la truffa, il falso ideologico, l’inosservanza delle norme a tutela della navigazione e l’abuso d’ufficio. Complice un complicato iter processuale per un vizio di forma fatto rilevare quando già la vicenda era approdata una prima volta in aula, a parte alcuni patteggiamenti e una condanna in abbreviato, la gran parte degli accusati ha potuto usufruire della prescrizione.

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