Tonino Spazzoli, un martire per la libertà

Rimini

FORLÌ. La commemorazione al cippo lungo la via Ravegnana, dove fu ucciso settant’anni fa Tonino Spazzoli da un gruppo di soldati tedeschi delle Ss, in programma domani mattina alla presenza dell’assessore comunale forlivese Sara Samorì, non può essere considerato un evento ordinario.

I forlivesi devono molto a Spazzoli, morto pochi giorni dopo il fratello Arturo ucciso a sua volta a Ca’ Cornio e impiccato, già cadavere, ai lampioni di piazza Saffi accanto a Silvio Corbari, Iris Versari e Adriano Casadei.

Una roccia. Tonino Spazzoli era una vera forza della natura. Nei 45 anni della sua vita fu operosissimo, ma al di là della professione di commerciante e di rappresentante di prodotti petroliferi, Spazzoli è anche l’emblema di un particolare tipo di repubblicanesimo romagnolo che, pur manifestando da principio ingenuità e simpatie per il primo fascio di combattimento promosso da Benito Mussolini nel 1919, a partire dal 1921 e soprattutto dalla marcia di Roma dell’anno successivo se ne distacca e ne diviene irriducibile nemico.

Attenzione. La figura di Tonino Spazzoli pur approfondita da diverse ricerche locali, non è stata valorizzata come meriterebbe nel contesto nazionale. Forse perché in Italia spesso la lente d’ingrandimento è stata indirizzata su capi militari e grandi leader politici trascurando gli eroi della grande provincia. Fra l’altro Forlì non era certo l’ultima frontiera, essendo il territorio che il Duce del fascismo aveva voluto ingrandire nel 1923 assorbendo Comuni che avevano fatto parte da secoli della provincia di Firenze e del Granducato di Toscana. Spazzoli era stato volontario nella Prima Guerra Mondiale, repubblicano interventista che sul Monte Grappa aveva meritato una medaglia di bronzo subendo ferite anche invalidanti.

Oppositore. Il suo antifascismo diventa istintivo, perché basato sulla constatazione della doppiezza di Mussolini: era stato antimonarchico, predicava la socializzazione e poi si era alleato alla Chiesa e al Clero romano; c’era già abbastanza differenza da giustificare, secondo alcune ricostruzioni storiche, anche la predisposizione di un attentato a Roma per ucciderlo, appoggiandosi magari a quei combattenti e reduci che non avevano aderito al Partito nazionale fascista. In ogni caso è vero che Spazzoli non cambiò stile di vita, con quell’apertura mentalee quella generosità che lo facevano risaltare anche nella sua numerosa famiglia (fra l’altro il padre, originario di Coccolia, si era sposato due volte creando due grandi famiglie con un unico patriarca). Spazzoli contribuì da repubblicano, con il partito che si era mantenuto in vita all’estero, alla creazione nel 1938 della Uli (Unione dei lavoratori italiani), raggruppamento politico che poi conflui con altre formazioni nel Partito italiano del lavoro e al Fronte Nazionale, coalizione di antifascisti che anticipò di mesi la formale costituzione del Comitato di Liberazione Nazionale.

La fine. In seguito fu scelto dal servizio segreto militare alleato per conto dell’Organizzazione della Resistenza italiana guidata dal liberal-socialista Raimondo Craveri, per operazioni di rifornimento, trasmissioni e sabotaggio. Spazzoli, coraggiosissimo, non parlò neppure quando gli spezzarono il braccio invalido e lo massacrarono di botte. Il macabro spettacolo del fratello impiccato e dei suoi mitici compagni non lo stupì, fra la vita da schiavo e la morte per la libertà aveva scelto, senza dubbi, l’eterna memoria e la riconoscenza dei veri forlivesi.

 

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