Pastore ucciso, traditi dai biglietti aerei

Rimini

MODIGLIANA. Una spedizione per uccidere. Arrivati in aereo e ripartiti in pullman, tutto nel giro di 24 ore, con i loro nomi registrati, quasi certi dell’impunità. Ma dopo 5 anni dall’efferato omicidio del pastore Vasile Gabar, 58 anni, i due responsabili sono entrambi in carcere.

A tradirli proprio quelle registrazioni sia all’imbarco del volo da Bacau, sia i posti sul pullman che li ha riportati in patria dopo il delitto. E poi intercettazioni, conversazioni, riscontri che hanno dato un volto e assicurato alla giustizia gli autori della feroce esecuzione del pastore Gabar, avvenuta il 15 giugno 2010.

I responsabili. Erano solo loro due, Catalin Balaban, 27 anni, cugino della vittima e già condannato a 30 anni di carcere con rito abbreviato, e Mihai Cozma, 47 anni, cui è stato notificato l’ordine di arresto internazionale la settimana scorsa in Romania, appena uscito dalla patrie galere dove era finito per una rapina, e ora rinchiuso nel carcere di Rebibbia. I due erano amici fraterni, per questo Cozma, temperamento violento e modi spicci, aveva accettato quella spedizione punitiva. Non certo per le poche migliaia di euro che volevano da Gabar, i risparmi del suo lavoro di pastore in un casolare di Modigliana. Balaban doveva “vendicare” screzi tra le rispettive famiglie che andavano avanti da anni, per questione di terreni e rendite in Romania.

Il viaggio. Nel 2009, un anno prima del delitto, Gabar era stato aggredito sempre nel podere: disse per una rapina, per rubargli soldi e cellulare. Fece capire che poteva essere qualcuno che conosceva in Romania, senza però fare nomi. Un anno dopo, il 15 giugno 2010 il viaggio dei due sicari da Bacau, in aereo fino a Bologna, poi in taxi fino a due chilometri dal podere modiglianese dove Gabar lavorava. Sapevano le sue abitudini, lo hanno aspettato quando uscì per buttare la spazzatura e lo aggredirono con due bastoni. Lo picchiarono a morte, poi gli legarono mani e piedi e gettarono il corpo in un fossato.

Le indagini. Un testimone vide due figure allontanarsi nell’ombra: troppo poco per identificarli. Partirono difficili indagini curate dai Carabinieri del Nucleo operativo radiomobile, guidati allora dal capitano Cristiano Marella e ora dal luogotenente Gino Lifrieri, coordinati dal sostituto procuratore Filippo Santangelo. Con pochi indizi e tante ombre, ma anche la convinzione che quell’omicidio non poteva rimanere impunito. I Carabinieri andarono in Romania, seguirono tracce di telefoni, quello rubato a Gabar nel 2009 e tornato attivo, intercettarono conversazioni, fino a quando con l’ausilio della polizia rumena non fecero irruzione nella casa di Balaban: lui non c’era, lavorava in Inghilterra, ma tra le sue cose c’era la fotocopia di un documento di Gabar, una sorta di “pistola fumante”.

Gli indizi. Balaban venne estradato e riportato in Italia ha patteggiato una pena di trent’anni, ma le indagini sono proseguite per dare un volto anche al complice. Qui le carte di imbarco sull’aereo dalla Romania all’Italia e i biglietti del pullman per il percorso inverso diedero una prima indicazione. Insieme a Balaban c’era sempre il nome di Cozma. Sono stati raccolti dati oggettivi per appurare la sua responsabilità. L’altra settimana è sbarcato in Italia, accompagnato dal personale del Servizio per la cooperazione internazionale di polizia della Direzione centrale della polizia criminale. Ora è in carcere.

 

 

 

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