«Le coop agricole danno la priorità a uomo e ambiente»

Rimini

FORLI'. Appuntamento venerdì 26 gennaio alle 9, all’interno della sala “Nullo Bandini” della sede di Legacoop in via Faentina, per la presentazione del rapporto annuale delle Cooperative agricole di lavoro di Ravenna.

I lavori, presieduti dal direttore di Legacoop Romagna Mario Mazzotti, vedranno gli interventi di Marcello Sanzani, presidente del consorzio Promosagri - che riunisce le 7 cooperative agricole interessate – e quelli del presidente della Regione Stefano Bonaccini, accompagnato dall’assessore alla cultura Simona Caselli; le conclusioni saranno di Giovanni Luppi, presidente Legacoop Agroalimentare.

Strumento importante

Le Cooperativa agricole braccianti associate al Consorzio Promosagri sono, in ordine di grandezza: Agrisfera, Massari, Ter.Ra, Campiano, Bagnacavallo e Faenza, Cervia e Fusignano. Nel loro complesso queste contano su 450 soci e 163 addetti. Gli ettari a disposizione rappresentano l’11 per cento di tutta la superficie coltivabile in provincia di Ravenna e, unite, si presentano come il più grande sistema europeo di imprese agricole. «Il consorzio che presiedo – esordisce Sanzani, che guida Promosagri dal 2001 – svolge un ruolo importante per coordinare il lavoro delle cooperative aderenti, fornendo loro servizi di varia natura. Seguiamo e analizziamo la redditività delle varie colture e negli ultimi anni abbiamo avviato anche l’attività agroindustriale con impianti di biogas e fotovoltaico».

È proprio il caso di dire che “sul campo” le 7 Cab ravennati hanno precorso i tempi. «Sui 13mila ettari che coltiviamo – prosegue il presidente – 2mila hanno vocazione biologica e siamo stati tra i primi a intraprendere la lotta integrata contro i parassiti, ricorrendo al minor uso possibile dei prodotti chimici». Diversificare, quindi, è sempre stato molto importante per un mercato difficile. «Prodotti come sorgo, mais e grano hanno margini bassi di redditività tali, a volte, da non riuscire a recuperare i costi. Noi abbiamo anche tre stalle, due da latte convertite al biologico che producono 6 milioni di litri all’anno che conferiamo alla Granarolo, e una da carne dove alleviamo circa 300 capi di razza romagnola con carne Igp (Indicazione geografica protetta). Il tutto ci ha permesso di superare anche un anno come il 2017, reso difficile pure dalla siccità».

Scenario complesso

«Il mercato è ormai per forza di cose internazionale – racconta Sanzani – e l’Italia paga lo scotto di avere costi del lavoro più alti rispetto a Spagna e Grecia, pur vantandoci di retribuire i nostri lavoratori secondo la tariffa sindacale, cosa che non succede da tanti privati. Spesso, poi, la burocrazia rappresenta un freno notevole a tutti i livelli: Unione europea, Ministeri e Regione. La maggior parte degli utili la realizziamo col vino che esportiamo in tutto il mondo, soprattutto nella filiera del Cevico, e col biologico. La qualità su questi fronti è ancora un’arma vincente per ritagliarsi credibilità».

Valore aggiunto

Si lavora guardando alle proprie radici e a quanto potrà restare alle nuove generazioni. Non solo. «Ci muoviamo nel massimo rispetto di uomo e ambiente – conclude Sanzani –: se da una parte, infatti, prestiamo la massima attenzione alla sicurezza sul lavoro, dall’altra abbiamo ormai rinaturalizzato circa 1.000 ettari con boschi, siepi e aree umide».

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