Se Bach diventa un percussionista africano

Rimini

RIMINI. Tra sponde musicali lontanissime poste su di un binario ritmico, si scatena la fantasia visionaria, la poetica vivacità, la modernità di “Tam Tam Brass”, il cd frutto del progetto musicale di Tony Esposito e Andrea Lucchi con gli Ottoni di Santa Cecilia.

Ritmi africani e potenza degli ottoni in un album sorprendente, che vede riuniti per la Sony Classical il celebre percussionista napoletano, autore anche di successi come “Kalimba de luna” e “Sinue”, e il musicista riminese, prima tromba dell’Orchestra sinfonica nazionale dell’Accademia di Santa Cecilia dal 2003.

Maestro Lucchi, com'è nata e si è sviluppata questa inedita e affascinante collaborazione con Tony Esposito?

‹‹Quando con gli Ottoni incontrai Tony durante le prove della serata “Italians for Darfur”, lui mi chiese di ascoltare qualcuno dei nostri brani; iniziammo a suonare una fuga di Bach e mi accorsi che dopo qualche battuta lui iniziò a ritmare qualcosa di veramente affascinante che sosteneva in modo del tutto inaspettato un Bach “nuovo”, come se la fuga stessa fosse stata pensata per essere eseguita così. Il ritmo dei suoi tamburi imitava il contrappunto della partitura e ne usciva un equilibrio perfetto di ritmi e melodie. Geniale, io pensai... Così fece per altri tre o quattro brani, e fu divertentissimo presentarsi ad un pubblico che sbigottito si trovò quasi a ballare sulle note di quello che Esposito definisce “il più africano dei compositori europei”. Qualche tempo dopo, per pura coincidenza, uno dei più importanti produttori italiani, Beppe Cova, ascoltò in studio da Tony la registrazione della serata e ci propose questo progetto discografico››.

Per Tony Esposito questo ha significato: “Portare il suono del djembè nella musica di Bach o quelle delle nacchere o della tamorra in Monteverdi”. Per Lei, far scoprire le radici della musica, dando una nuova veste a celebri brani di grandi compositori…

‹‹Oggi la cultura musicale non viene più impartita come in passato e sempre meno persone sanno chi era Bach o Haendel o Mozart. Eppure molti loro brani sono nella testa di tutti sotto forma di sigle televisive o colonne sonore. Abbiamo pensato di dare ad alcune di queste opere immortali una veste più attuale, e li abbiamo suonati con gli unici strumenti in grado di stare al fianco delle percussioni a livello di sonorità e di potenza: gli ottoni. È stato per me come trovarmi di fronte a quest’altro mondo, a me più sconosciuto e di cultura completamente differente, in cui il ritmo scaturito dal suono dei tamburi diventa la principale essenza dell’espressione musicale. Quello che era un elemento ritmico solamente intuibile fra i contrappunti di Bach è diventato la struttura portante di un’opera sostenuta dal nuovo “groove” che propone a chi suona cadenze ritmiche imprevedibili. Abbiamo dato alle opere più celebri di Haendel, Mozart, Charpentier, Pachelbel, Monteverdi, Vivaldi, una veste in cui tante culture e tradizioni differenti si mescolano insieme producendo un effetto spettacolare››.

Un progetto, ha aggiunto Esposito, nato da un sogno: “Ho immaginato di viaggiare come un moderno Ulisse, caricando la mia nave di tamburi, popoli e ritmi. metallo, legno, pelli. Dentro c’è tutta la materia del suono…”.

‹‹Immagino che Tony pensi all’origine di tutti gli strumenti musicali quando esprime questo pensiero: i primi strumenti sia a percussione che a fiato erano di legno, poi le pelli hanno completato le percussioni e con l’avvento dei metalli alcuni strumenti a fiato sono diventati “ottoni”. Insomma, un unione la nostra, di strumenti antichissimi, quasi primordiali, che nel nostro progetto ravvivano il mondo della musica colta, un tempo lontanissima dai paesi dei tamburi. all’interno di quelle partiture bastava solo cercare e portare alla luce la parte ritmica››.

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui