«Successo grande come i sogni e... il mare»

Rimini

 

BELLARIA IGEA MARINA. Chiuso domenica il sipario sul #BFF32 è palpabile la soddisfazione per un «festival che ha vinto le sfide che ci eravamo proposti», come dichiara Roberto Naccari, con Simone Bruscia direttori artistici della manifestazione.

«Volevamo una rassegna di valore ma di agile fruizione, e portare al Festival anche un pubblico inedito» continua Naccari. «Risultato raggiunto raddoppiando repliche e location, e poi con la rassegna Sport Doc e gli eventi all’Hotel Ermitage e all’Arena Italia, spazio “magico” riconsegnato alla città. Mentre ci ha sorpreso gradevolmente il grande afflusso di pubblico per i radio doc di Camera con vista e l’apprezzamento dei registi e autori ospiti, che hanno potuto confrontarsi e dialogare in situazioni informali, gustando anche il lavoro dei colleghi».

«Accantonando la prudenza, posso dire che è stato un Festival fantastico, adrenalico» aggiunge Bruscia. «E anche se abbiamo molto ragionato e programmato, ha avuto un successo tanto grande da risultare imprevedibile, come lo sono i sogni e i documentari. E il mare, che sottotraccia è stato il nostro tema. Una festa per tutti e per il cinema, come volevamo».

A vincere il Concorso Italia doc, cuore del #BFF32 è stato “Centoquaranta – La Strage Dimenticata”, documentario che ricostruisce il disastro del Moby Prince, ad oggi la più grave tragedia che abbia colpito la Marina mercantile italiana dal secondo dopoguerra.

Firmato dal regista Manfredi Lucibello e prodotto da Pulsemedia, ha convinto la giuria «per la sua capacità di trasformare con originalità e forza uno dei tanti misteri d’Italia nell’incubo, più universale, dell’impossibilità di raggiungere la verità.»

Una grande soddisfazione per il regista fiorentino, che aveva sette anni nel 1991, anno in cui a Livorno, nella notte del 10 aprile, il traghetto Moby Prince andò a fuoco dopo aver urtato la petroliera Agip Abruzzo, portando con sé centoquaranta vittime tra uomini, donne e bambini.

Racconta il regista: «Ne sentivo parlare al telegiornale, poi nel 2009 ho letto un articolo dove si ipotizzavano bombe e depistaggi e da lì mi è venuta la curiosità, e chiedendo in giro mi sono accorto che se ne sapeva poco o nulla, e ho iniziato a leggere, ad approfondire. E siccome il mio lavoro è raccontare storie, questa mia ricerca è diventata un film».

Che metodologia ha seguito?

«È un’indagine che ho cominciato a ventisei anni, e il metodo è cresciuto insieme al film. Ho cercato e raccolto tutto il materiale che potevo: filmati di repertorio dall’archivio Rai e dalle emittenti locali, materiali inediti dagli archivi del tribunale di Livorno... Poi sono stati importanti gli incontri con i testimoni, come Loris Rispoli, presidente Associazione 140, familiari delle vittime del Moby Prince e Angelo Chessa, presidente Associazione 10 aprile, familiari delle vittime. Persone che da più di vent’anni portano avanti questa battaglia e non si vogliono arrendere, che mi hanno dato lo stimolo per questo lavoro».

Si è parlato di manomissioni del relitto, della presenza in rada di navi militari, ci sono stati numerosi tentativi di depistaggio, accuse di un “fatale errore umano” da parte dell’equipaggio: tutte piste che lei ricostruisce nel film. Ma che cosa è successo quella notte?

«Per cercare di raccontarlo abbiamo prodotto un film di 72 minuti, rispondere in breve è impossibile e sarebbe semplicistico. L’idea che mi son fatto visionando questi materiali è che lì c’erano e ci sono tutti gli elementi per giudicare la verità, che erano in mano a chi doveva giudicare e non l’ha fatto. Evidentemente ci sono stati interessi in ballo che l’hanno impedito».

Nella serata di premiazione del 3 maggio, oltre al Premio Casa Rossa alla carriera a Gianni Amelio, sono stati segnalati per Italia Doc “Dal profondo” di Valentina Zucco Pedicini e “Il segreto di Cyop&Kaf”, mentre “My Name Is Janez Janša” di Janez Janša ha vinto il nuovo Concorso Casa Rossa Art Doc, con menzione speciale a “The Column” di Adrian Paci.

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