Roy Paci a Piangipane: «Tutti al mio... funerale!>

Nonostante lei sia siciliano, non si può dire che sia scaramantico.
«È vero, infatti voglio dare, soprattutto ai miei conterranei, il messaggio che non bisogna aver paura dei rituali del nostro passato, che si sono persi anche per scaramanzia, in quanto legati alla morte. Un tempo, dopo l’accompagnamento al caro defunto, si faceva una festa, mangiando, suonando e ballando, per alleviare il dolore della perdita, e oggi purtroppo questo si è perso. Una volta la banda era sempre presente in questi riti di passaggio, e io voglio riprendere quell’usanza, per far capire che attraverso l’energia dello stare insieme si può superare il dolore».
Il tema della marcia funebre, più in generale della musica per fanfare e bande, è un tema che ha frequentato più volte in passato, ad esempio con Banda Ionica, supergruppo creato da Fabio Barovero dei Mau Mau e da lei negli anni ’90 con una fanfara di venti elementi, e ospiti come Vinicio Capossela ed Ermanno Giovanardi.
«Sì, abbiamo pubblicato il primo disco interamente di marce funebri. Avevo immaginato già vent’anni fa che questo sarebbe diventato un tema presente in molti progetti di vari artisti. Per me le bande sono state una grande lezione di vita, e per molti artisti un’influenza importante. In “Carapace” parto dalla mia prima esperienza nella banda del paese, per arrivare, come dicevo, alla scrittura della marcia per il mio funerale».
Di solito chi decide di fare un’autobiografia scrive un libro; perché lei ha scelto uno spettacolo teatrale?
«Piuttosto che fossilizzarla in un libro, preferisco donare la mia vita al pubblico in teatro, perché così ogni volta è diversa. Essendo un musicista eterodosso, contaminato, ed incline all’improvvisazione, mi trovo a mio agio potendo cambiare qualcosa ogni volta».
Per la prima volta propone uno spettacolo a suo nome.
«Ho fatto tantissime esperienze a fianco di grandi attori e artisti, che mi hanno insegnato a stare su un palco; forte di questo, ho deciso con coraggio di passare in prima linea, anche grazie ad una squadra di musicisti abilissimi».
Ha scelto un regista e autore giovane a cui appoggiarsi: Pablo Solari. Perché?
«In questi casi l’età non è importante. Pablo è giovane ma ha una grande esperienza, non solo perché è figlio di Giampiero Solari. Pablo ha scritto molte sceneggiature, e diretto spettacoli importanti; partecipando ad uno di questi mi sono reso conto di quanto talento e capacità avesse. Abbiamo un approccio simile all’arte».
“Carapace” si può anche leggere “Cara pace”: è un effetto voluto?
«“Carapace” ha molti significati: il primo a cui ho pensato è la corazza delle tartarughe, che è una protezione che noi stessi ci costruiamo nascendo in un posto specifico, nel mio caso un paese siciliano decentrato da tutto e da tutti. Da giovani magari disprezziamo questa nostra casa e protezione, ma col tempo impariamo ad apprezzarla. “Cara pace” ricorda invece molto le marce funebri, che spesso hanno titoli che citano la pace o il canto eterno». Biglietti a 25 euro. www.teatrosocjale.it