Con la forza delle donne: la via tutta femminile di reagire alla violenza

Rimini

MILANO

“Effetti collaterali, quando le donne non si danno per vinte” è il titolo del progetto fotografico di Isabella Balena che si sviluppa attraverso 17 ritratti di donne che hanno deciso di non tacere, di non arrendersi, di contrastare violenza e stereotipi di genere.

Donne che hanno subito violenza o che ne sono state testimoni, donne oggetto di stereotipi, combattive e in prima linea sui fronti della legge, della politica, della cultura, della medicina, dello sport per migliorare la propria esistenza o per favorire l’empowerment femminile e della propria comunità. Tra queste Emma Bonino, Ilaria Cucchi, Ivana Galli, Lucia Annibali, Matilde D’Errico, Ilaria Capua, Elisa Di Francisca.

La nota fotoreporter riminese, che per molto tempo ha lavorato con alcuni dei principali periodici italiani e esteri e da alcuni anni è dedita all’approfondimento di tematiche legate alla storia contemporanea e alle dinamiche sociali, presenta i suoi scatti dal 23 al 25 novembre in ambito milanese all’UniCredit Pavilion per la nona edizione del WeWorld festival, evento annuale di punta di WeWorld onlus, impegnata da vent’anni nella difesa di donne e minori in Italia e nel mondo, dedicato ai diritti delle donne.

Balena, come si è formata questa galleria di ‹‹volti, occhi, anime e storie da raccontare di eroine della quotidianità››?

‹‹L’idea che ho proposto è stata quella di uscire dallo stereotipo della donna vittima e di mostrare invece la forza di rispondere e di azione, nonostante una violenza subita. Violenza in senso lato non solo fisica. Ne è nata quindi una galleria di storie di donne e un modo diverso di fare informazione per una onlus come WeWorld››.

Quale positività ha voluto trasmettere con la definizione di “effetti collaterali”, prodotti dalle donne, ‹‹moderne Lisistrate, Antigoni o Marianne… quando non si danno per vinte››?

‹‹Ne è uscita una galleria di ritratti e di storie di donne conosciute e meno conosciute, che nonostante siano state testimoni di gravi vicende, ne escono combattive e non rassegnate. L’effetto collaterale diviene propositività individuale e collettiva. Dalle vittime di violenza domestica quali Anna di Napoli e Lucia Annibali o figlie di madri uccise come Valentina Belvisi; o le avvocate sarde che cambiano la legge sull’eredità a favore dei figli rimasti orfani; o sul fronte del lavoro la sindacalista Ivana Galli che si batte per la legge contro il caporalato; la ginecologa Alessandra Kustermann che istituisce un centro di primo soccorso per donne violentate; le madri della terra dei fuochi; Agitu, l’etiope che alleva capre in Trentino e molte altre, donne comuni che preferiscono esporsi e metterci corpo, pensiero e anima per spingere tutta la collettività a una forma diversa di pensiero››.

Come si lega questo lavoro all’intento dichiarato di far sì che la fotografia trovi la sua essenza come ‹‹voce e sguardo›› di una comunità?

‹‹Questo è sempre stato il filo conduttore che ha animato la mia esistenza di fotografa, o per lo meno ci ho sempre provato. Quando il mio sguardo fotografico mette in mostra una realtà meno conosciuta e diventa lo sguardo di molti, trova la sua essenza››.

In che modo attraverso ‹‹la voce, i volti, i corpi delle donne, la lotta diventa quella che si fa battaglia sociale e conquista culturale per tutti››?

‹‹Credo sia sempre più importante uscire dalle logiche del pensiero comune dilagante sui social ad esempio. È necessario guardare oltre gli stereotipi e anche oltre il politically correct, altrimenti rimaniamo imbrigliati tra stereotipo e propaganda››.

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