Poliedrico Valfranco Luzi

Rimini

Il 22 giugno 957 – come riporta Nevio Matteini nella sua “Rimini. Guida storica e artistica” (Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna, 1978) – oppure, più genericamente nell’estate del 962 o del 963 secondo altre fonti, l’arca in pietra d’Istria di San Giuliano approda sulla spiaggia vicino al monastero benedettino dei SS. Pietro e Paolo, oggi chiesa dedicata al santo nell’omonimo borgo.

 

Il luogo da allora viene chiamato “Sacramora”, sintesi popolare di “sacra sosta” o “Sacra dimora”. La fonte d’acqua dalle innumerevoli virtù terapeutiche che sgorga nel punto in cui si arena il sarcofago, dopo varie vicissitudini diventa proprietà di Giovanni Cottarelli, un medico milanese che ha altri interessi in Riviera tra i quali anche un grande albergo a Riccione, il quale si dimostra un proprietario attento e affezionato al territorio tanto da concedere nel 1956 il permesso ai riminesi che ne hanno necessità, di attingere gratuitamente l’acqua della sua fonte. Grazie al suo contributo finanziario viene costruita, addossata allo stabilimento in via Sacramora, la fontana con le cannelle per la distribuzione pubblica dell’acqua, ai lati della quale sono incise due epigrafi, una in latino e una in italiano, del geologo-poeta forlivese Ugo Buli. La struttura è sormontata da un grande bassorilievo in cemento, raffigurante il martirio di San Giuliano assalito dai serpenti velenosi, eseguito da Valfranco Luzi (Pergola 1909 – Rimini 1986). Da Vicenza dove la famiglia arriva dopo il passaggio in altre città essendo il padre ferroviere, il giovane Luzi frequenta il Liceo artistico e successivamente l’Accademia di belle arti di Venezia. Dopo il diploma nel 1932, ottiene l’insegnamento all’Istituto professionale “Leon Battista Alberti” di Rimini dove la famiglia abita da qualche anno. L’incontro con l’architetto Luigi Campanini che nel 1926 dalla natale Cento si trasferisce a Rimini, sarà determinante per lo scultore dando origine a una collaborazione che durerà fino agli anni Sessanta. Campanini già nel 1927 realizza l’ampliamento della Scuola industriale dove inserisce elementi stilistici neo-medioevali che saranno poi ampiamente profusi nelle ville Piselli-Menghini e Pedrazzi in viale Principe Amedeo progettate negli anni Trenta. Nel 1937 inizia i lavori per la costruzione della Scuola marittima che si concludono l’anno successivo. L’architettura in questa occasione, è pienamente coerente con quella del Ventennio e i lati dell’ingresso dell’edificio, attualmente sede delle Facoltà di Farmacia e Chimica industriale del Polo scientifico-didattico di Rimini, giganteggiano due ancore in cemento eseguite dall’amico Luzi. Dopo la guerra, mentre continua a insegnare disegno alle scuole medie cittadine, l’attività di scultore porta Luzi a partecipare nel 1946 alla Biennale di Venezia con il ritratto della madre e a produrre una grande quantità di statue, busti, ritratti e pannelli decorativi come quello del 1948 collocato sul lato monte del Grand Hotel Mocambo, oggi sede della Carim in piazza Marvelli. L’opera sintetizza magistralmente il solleone dell’estate, il mare e il gioioso ambiente balneare. Sono sempre sue le tre grandi maschere collocate sulla facciata del cinema teatro Turismo di Riccione, ora nei depositi comunali dopo la demolizione dell’edificio per far posto al nuovo palazzo dei congressi.

Anche l’acquerello, la tempera e il disegno rientrano fra gli interessi dell’artista. Fra il 1956 e il 1961 esegue i cartoni dei mosaici, realizzati poi a Ravenna, per le lunette delle cappelle della chiesa di Sant’Agnese in via Garibaldi a Rimini e nella stessa chiesa – oltre al crocifisso e ai candelabri in bronzo – disegna e plasma i lampadari che verranno ceramicati dal maestro faentino Carlo Zauli. Si propone anche come cartellonista tanto da presentare una efficace proposta di manifesto per il carnevale di Fano del 1955. I suoi lavori si trovano nella chiesa di San Giuliano e nel cimitero monumentale di Rimini, a Verona, a San Marino, a Corpolò e Saludecio per citare alcune sedi e sono tanti i monumenti che progetta. Fra questi risalta quello in bronzo, inaugurato nel 1976, dono di Giuseppe Fiorentini, garibaldino riminese, dedicato ad Anita Garibaldi a Mandriole di Ravenna dove l’eroina risorgimentale muore il 4 agosto 1849. (s.s.)

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