"Condannato" a far ridere da 20 anni
GAMBETTTOLA. Nei sogni d’estate in Maremma Sergio Sgrilli si divertiva con i freak in vacanza.
Gli piaceva cantare, intrattenere, fare sorridere. Cominciò a 10 anni per i clienti del campeggio di famiglia, cantando “Itaca” di Lucio Dalla. Al microfono unì presto una chitarra, da allora la sua coperta di Linus. Una grande passione, la chitarrina, e una condanna pure. Con la “chitarrina” intratteneva sulla spiaggia maremmana; lo fece a Milano arrangiandosi con una vita da barbone; si esaltò in tivù, davanti fino a 14 milioni di spettatori, nel suo apogeo di Zelig.
Oggi, 46 anni, ancora insieme alla compagna di scuola, papà di Matilde 6 anni («non la posso portare ai miei spettacoli perché vuole salire lei sul palco»), Sgrilli sente che è il momento di raccontare la sua storia. Lo fa al teatro Comunale di Gambettola stasera alle 21 con “20 in poppa” spettacolo del ventennale; più che una celebrazione è un guardarsi dentro per ripercorrere una storia cominciata come altre, diventata più speciale di altre, lui in simbiosi con la sua chitarra.
Più risorsa o condanna la chitarra?
«È una boa a cui mi attacco nei momenti difficili – ammette Sgrilli –, ma è anche un’opportunità per veleggiare alla grande con vento in poppa. Certo che il tempo passa e anch’io sento che vorrei fare altro teatro. Ma, quando ci ho provato, il pubblico non ha gradito perché ero serio, non facevo ridere e non avevo la chitarra. Così continuo a cantare e a fare ridere con la chitarra; alle volte mi vergogno come fossi un fricchettone agé; altre mi lascio far sorridere, come un eterno peter pan».
Soddisfatto di questi primi vent’anni?
«Lo sono in quanto ho potuto fare della mia passione, un lavoro. Ma ciò significa pure fare compromessi con la mia passione. È un po’ come sancire un patto col diavolo; approdare al vertice di ascolti televisivi ti costringe a non essere accolto se cambierai il tuo modo di fare spettacolo».
Quale cambiamento ha realizzato?
«Tre anni fa portai in scena “Nel nome dei padri” uno spettacolo serio, si rideva solo all’inizio, poi si entrava nel dramma di alcune tipologie di padri; quello con un figlio disabile, con difficoltà mentali, quello che il figlio lo ha perso. La maturità e la paternità mi avevano spinto a riflettere anche sulle mie paure. Ma il pubblico non ha gradito un comico non più divertente, per giunta senza chitarra».
Il successo avuto in Zelig la ripaga dell’obbligo al “facce ride”?
«Mi ripaga soprattutto ripensando all’ascesa verso quella popolarità, sin dai tempi della terza serata su Italia 1. Erano anni in cui la nostra piccola tribù di Zelig, attori, autori, tecnici, collaboratori, percepiva davvero di fare qualcosa di speciale, di vivere un momento magico, nuovo, unico. Il successo ha consacrato quel tempo. In certi casi ha purtroppo anche cambiato i sentimenti, facendomi scoprire che alcuni non erano amici come credevo».
Le resta la gioia di sentirsi un giullare del buonumore?
«Quella è la forza che mi spinge a salire sul palco, dove mi sento a casa. Così nel mio “20 In Poppa” proverò a coinvolgere la gente divertendoci insieme. Perché il pubblico emana una energia che arriva a chi sta sul palco. Intanto faccio regie di spettacoli come per Zibba (vincitore di Sanremo giovani), mentre con Paolo Migone curo una società pubblicitaria».
Info: 393 3129265Biglietti a 15-12 euro