Caterina Sforza, icona della rivendicazione femminile

Rimini

La Commissione per la condizione della donna dell’Onu proclama il 1975 “Anno internazionale della donna”. L’idea è di intraprendere una intensa azione per promuovere l’uguaglianza fra uomini e donne, favorire l’integrazione e la responsabilità femminile nello sviluppo economico, sociale e culturale delle nazioni, assicurando la piena realizzazione dei diritti delle donne. Il Comune di Forlì celebra l’evento con la mostra di Irene Ugolini Zoli (Forlì, 1910-1998) nella Rocca di Rivaldino, dedicata a Caterina Sforza, signora di Imola e contessa di Forlì. Nell’occasione l’artista realizza anche la bella medaglia commemorativa che reca sul fronte il profilo della signora di Forlì. L’abbigliamento è ripreso da quella cinquecentesca della scuola di Nicolò Fiorentino al quale si rifà, con richiami stilisticamente liberty, anche lo scultore Bernardino Boifava (Ghedi, Brescia, 1888 – Forlì 1954) nella formella esagonale in bronzo conservata nelle Collezioni del Novecento di Palazzo Romagnoli. Sforza è indomita, scaltra, passionale, crudele e vendicativa. A questo proposito, Niccolò Macchiavelli, ambasciatore fiorentino a Forlì nel 1499, nel terzo dei “Discorsi sopra la Prima Deca di Tito Livio” racconta l’episodio che l’ha resa famosa in tutto il mondo. “Madonna Caterina” dalle mura del castello, davanti ai congiurati che ne volevano la resa minacciando di ucciderle i figli, li apostrofa: «…che de’ suoi figlioli non si curava, mostrò loro le membra genitali, dicendo che aveva ancora il modo a rifarne».

Donna del Rinascimento italiano capace di confrontarsi senza timore con i regnanti e i potenti dell’epoca, sempre determinata nel realizzare le sue ambizioni, diventa una solida icona della rivendicazione femminile. Una vita avventurosa la sua, che la porta a una grande popolarità facendone la protagonista di opere teatrali, “Caterina Sforza” di Sem Benelli del 1938; di film, “La Leonessa di Romagna” del 1959 interpretato da Virna Lisi; di serie televisive, la “Tigre di Romagna” nella fiction canadese “I Borgia” del 2011; fino al videogioco “Assassin’s creed II”, prodotto da Microsoft nel 2009.

Le sue biografie si susseguono fino ai giorni nostri. La più corposa, in tre volumi, è del conte ravennate Pier Desiderio Pasolini pubblicata nel 1893, poi quelle di Angelo Braschi illustrata da Pietro Novaga (Zurigo 1911 – Forlì 1997) del 1965, del francese Guy Rachet del 1987, di Natale Graziani e Gabriella Venturelli del 2001, della storica e restauratrice d’Oltralpe Huguette Girauds del 2006, di Marco Viroli del 2008, della statunitense Elizabeth Lev del 2011, per arrivare a quella “di famiglia” della discendente Francesca Riario Sforza del 2016.

Caterina, o meglio, il suo fantasma fra i ruderi del castello di Monte Poggiolo, entra a far parte dell’immaginario gotico delle “Leggende romagnole” raccolte da Anna Maria Mambelli Gavelli nel volume edito da Gig di Forlì nel 1979, che si avvale di due celebri illustratori: Ettore Nadiani (Lione 1905 – Forlì 2005) e Angelo Ranzi. Motivo di orgoglio per la comunità forlivese, la riproduzione dello storico sigillo di Caterina Sforza diventa il riconoscimento che conferisce ai suoi figli più illustri.

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