Due divertenti donne in fuga per ricominciare una nuova vita

Rimini

CERVIA. Sono due donne arrivate, brillanti, simpatiche popolari, eppure entrambe fuggono da qualcosa. Stasera e domani alle 21, al teatro Comunale di Cervia, Marisa Laurito e Iva Zanicchi raccontano il loro essere “2 donne in fuga”, esilarante commedia tratta da “Le fuggitive” di Pierre Palmade e Christophe Duthuron, tradotta da Mario Scaletta per la regia di Nicasio Anzelmo. Diverse per provenienza, formazione, carriera, Iva e Marisa si sono incontrate in un sodalizio professionale e umano che le rende coese dentro e fuori il palcoscenico. Marisa Laurito 66 anni napoletana doc, dopo quasi vent’anni di teatro si è fatta scoprire dalla Rai tivù di Renzo Arbore, e da lì ha intrapreso un carriera trentennale nel varietà conquistando il grande pubblico.

Com’è nato Laurito, questo inedito incontro a due?

«Ci conoscevamo da anni, Iva ed io – risponde Marisa –, dai tempi di “Serata d’onore”. La produttrice Tania Corsaro ci ha proposto di metterci insieme per questa commedia francese di successo; la pièce è divertente, il pubblico ride, noi l’abbiamo modellata strada facendo aggiungendovi nostre battute. Pure facendo ridere, il testo contiene spunti di riflessione».

Era un rischio questo connubio fra un’attrice e una cantante?

«Non credo abbiamo mai rischiato, perché Iva ha un grande istinto teatrale, è brava, ha i tempi, è a suo agio. Del resto sono convinta che alcuni personaggi dello spettacolo possono stare bene ovunque; se uno ha talento, l’arte non ha confini, né bisogna rinchiuderla in schemi».

Quali elementi valorizzano la vostra interpretazione?

«Il testo è prima di tutto una grande prova d’attore, siamo due in scena per un’ora e tre quarti; è divertente e perciò vincente, e tratta pure di temi attuali e intensi, veraci».

Ci può svelare a questo punto da dove fuggite?

«Iva fugge da una casa di riposo dove il figlio l’ha parcheggiata, lei che ha avuto una vita rutilante, piena di amori e interessi; io invece fuggo da una vita noiosa conseguente all’aver vissuto in una famiglia che mi trattava male e anzi, non mi considerava proprio».

Sul palco siete in competizione?

«No, siamo due artiste che non sbracciano per occupare il posto dell’altra, siamo belle da questo punto di vista, perché siamo due attrici che non sgomitano, ma che si danno il passo gioendo delle risate e del successo dell’altra. Iva mi è simpatica anche fuori della scena, perché è una donna intelligente che ha vissuto pienamente, è una voce che ha fatto storia nell’epoca d’oro della canzone italiana».

Qual è la “morale” della commedia che il pubblico può portarsi a casa?

«Credo che la parola chiave sia “ricominciare”, attraverso la fuga e l’amicizia che creano, alla fine le due donne ricominciano. Questo è per me davvero interessante, se da un lato è sempre difficile ricominciare, dall’altro è anche molto piacevole: ricominciare significa dare il colpo di coda laddove ti sei “impantanata” per tornare a combattere. Il rischio c’è ma è elettrizzante».

Lei è mai incappata in questo rischio e in un nuovo inizio?

«Sì, fu quando Renzo Arbore mi chiese di partecipare a “Quelli della notte”, quello fu un ricominciare. Dopo diciotto anni di teatro, di sudore e gavetta, ero da poco approdata al ruolo di protagonista femminile, al Bagaglino di Roma. Perciò rompere quel contratto, lasciare il Bagaglino per chiudermi in una televisione per dire due battute in quella nuova trasmissione, fu un salto nel buio, accettai perché mi volevo divertire, ma francamente era un vero rischio. Nessuno avrebbe mai immaginato un successo così clamoroso di “Quelli della notte”. Pingitore, direttore del Bagaglino, fu un vero signore, ruppe il contratto senza pretendere nulla».

Come le sembra trasformato il varietà televisivo ai tempi di Internet?

«Non mi piace l’intrattenimento in voga in tv; alcune trasmissioni sono trash, altre non le capisco, come i reality. Credo che il nostro sia un mestiere e sono gli artisti a doverlo fare, non la gente comune con le proprie fisime. Probabilmente la tv diventerà tutta un web, ognuno si farà la propria».

Che dire dei suoi maestri Eduardo De Filippo e Renzo Arbore?

«Ho avuto molti maestri ma questi due sono stati i più importanti, hanno segnato con forza la mia carriera. Eduardo mi ha insegnato la professionalità, i tempi, il come stare in teatro, la disciplina; osservandolo recitare ho imparato moltissimo. Ad Arbore devo l’aver imparato l’improvvisazione, a non avere paura di provare a farlo, davvero sono stata fortunata».

Domani alle 18 incontro col pubblico. Info: 0544 975166

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