Vegetariani italiani: le avanguardie il regime e la Romagna

Rimini

SANTARCANGELO. Possiamo immaginare oggi una riviera romagnola senza le pizzerie? Eppure la pizza in Romagna è arrivata solo 50 anni fa. E sempre oggi, possiamo immaginare di non trovare almeno un piatto vegetariano nella maggior parte dei ristoranti romagnoli e, più in generale, italiani? Eppure la cucina vegetariana è una reinvenzione recentissima nella plurimillenaria storia alimentare dell'uomo. Le prime associazioni sono del 1905 a Firenze e due anni dopo a Milano, dove viene anche inaugurato il primo ristorante vegetariano d'Italia sempre nel 1907, che chiuderà dopo un anno.

Avvenimenti legati ad altrettanti momenti cruciali del vegetarianesimo, raccontati in Vegetit. Le avanguardie vegetariane in Italia (Cinquesensi Editore, pp.192, € 18) di Alberto Capatti, illustre storico dell'alimentazione. Capatti sarà ospite della biblioteca di Santarcangelo questa sera alle 21, nell'ambito del ciclo di incontri “Cibo come cultura”, giunto alla 11ª edizione sotto l'appassionata guida di Remo Vigorelli e Pier Angelo Fontana.

Firenze e Milano

Il libro indaga l'avventura dei vegetariani in Italia, che dagli inizi a Firenze e Milano nei primi del Novecento si dipana poi in tutto il Paese, trovando anche adesione da parte del regime fascista, sensibile alla salute e alla cultura del corpo, per prendere poi nel dopoguerra una piega anche politica diversa e più articolata. Qui parlando di vegetariani si fa riferimento non «alla civiltà contadina vegetariana coatta», ma a una parte minoritaria della borghesia «che qualifica il progresso civile e lo spirito critico dei consumatori che procedono a un riesame degli alimenti assegnando loro un valore nutrizionale proprio, sociale, spirituale».

Complici e avulsi

Una ricerca, quella di Capatti, interessantissima perché guarda e indaga il fenomeno da tanti punti di vista, alcuni noti, altri meno, come le implicazioni con i regimi dittatoriali, quando molti vegetariani «ne erano a un tempo i complici e l’elemento avulso, incongruo». Un'esperienza controversa, travolta dalla storia che rinascerà con la nuova “Associazione vegetariana italiana” del 1952, rifondata da una vittima del regime, il credente e pacifista Aldo Capitini, organizzatore anche della prima “Marcia per la pace e la fratellanza dei popoli” di Assisi, nel 1961.

In Romagna

Una vicenda che fin dai suoi albori vede protagonisti anche due romagnoli d'adozione, di primo piano nel panorama culturale italiano. Si tratta di Paolo Mantegazza, medico nato a Monza e consulente dello Stabilimento bagni di Rimini dal 1866 al 1879, che consideravano il “regime pitagorico” poco confacente «all’esercizio normale delle nostre forze». L'altro è Alfredo Panzini, cresciuto a Rimini, poi milanese di residenza e professione, ma che a Bellaria viveva diversi mesi all'anno nella sua Casa Rossa. Nel “Dizionario moderno” del 1905, considera il vegetarianesimo «insieme un ritorno al passato remoto e un balzo verso il futuro».

Implicazioni ecologiche

Un libro che racconta una storia tutta da conoscere, per capire qualcosa di più di un fenomeno gastronomico e filosofico, economico e sociale, in forte ascesa. Senza dimenticare che il vegetarianesimo ha anche implicazioni ecologiche importanti, soprattutto nelle attuali condizioni di sovrappopolamento del pianeta e di riscaldamento globale.

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