«Difficile essere attore? Il difficile è restare con i piedi per terra ed essere uomo»

Rimini

GIULIA FARNETI

Nella rassegna “Riccione cinema d’autore”, stasera alle 20.30 al Cinepalace di Riccione Alessio Boni presenterà “La ragazza nella nebbia” di Donato Carrisi. L’appuntamento vede protagonista uno degli attori più amati del panorama italiano.

Adattamento del romanzo dello stesso Carrisi, che debutta alla regia, il film è un thriller che racconta la scomparsa della sedicenne Anna Lou in una valle isolata e sperduta. A indagare sulla sua sparizione sarà un investigatore che attirerà l’attenzione di tutti i mass media. In un cast di grandi nomi, Alessio Boni interpreta il professore di liceo Loris Martini. È lui stesso a parlarcene.

“La ragazza nella nebbia” è al cinema. Perché ha detto sì a questo film?

«La sceneggiatura mi ha rapito in toto. Già inizialmente mi ero immaginato alcune sequenze cinematografiche. Il cast è eccezionale, a cominciare da Tony Servillo e Jean Reno. Il mio personaggio era molto interessante. Il film vuole sottolineare come la cronaca nera venga strumentalizzata dai mass media; affronta il dolore di una madre per la scomparsa della figlia. È crudo, reale e non lascia sconti, non è ipocrita ma onesto. È anche stata una bella scommessa essendo un’opera prima».

Lei interpreta Loris, un professore. Cos’è per lei l’istruzione?

«È fondamentale insegnare ai nostri figli la bellezza di essere uomini. Il rispetto e l’importanza dell’altro sono necessari. Vorrei ricordare David Maria Turoldo, teologo e poeta. Gli venne chiesto quale fosse il suo più grande rammarico. Lui rispose che in cinquant’anni d’insegnamento tutte le volte che chiedeva agli studenti cosa volessero diventare da grandi mai nessuno gli rispondeva: voglio diventare un uomo. Solo la scuola può insegnarlo».

Ha fatto parte de “La meglio gioventù”. Qual è la meglio gioventù di oggi?

«Sono le nuove generazioni. Bisogna investire nei giovani, dando loro una sincera fiducia e non fingere di darla. I giurassici dovrebbero smetterla di tenere le fila; ecco perché dovrebbero investire di responsabilità i ragazzi, sono loro il futuro di questo Paese».

Nella sua carriera ha recitato molto in teatro. Cosa vuol dire stare su un palcoscenico?

«È l’arte della recitazione vera e propria. Se in teatro voglio arrivare alla quarantesima fila, necessito di esercizi vocali e una macro mimica; al cinema basta alzare un sopracciglio per emozionare il pubblico e avere un microfono per riuscire a farsi sentire. Indipendentemente dal mezzo, l’impegno e la concentrazione sono fondamentali. Sul palcoscenico non puoi permetterti di sbagliare, mentre davanti alla macchina da presa puoi rifare la scena».

Chi è Alessio Boni oggi?

«È un uomo che ha superato i cinquant’anni d’età, un traguardo che gli consente di continuare a disegnare il suo futuro con uno sguardo benevolo verso il passato. Ora è una discesa, ma non senza difficoltà. Sa ascoltare molto più di prima, non che un tempo non lo facesse, ma all’inizio voleva dimostrare chi era. A 21 anni, dopo la visione dello spettacolo teatrale “La gatta Cenerentola”, ha sentito di essere attratto da un mondo lontano dalla provincia bergamasca in cui era nato e cresciuto; dopo una decina di anni che aveva intrapreso il suo percorso ha capito che la sua scelta non era sbagliata».

Da attore qual è, oggi sognare è importante?

«Credo che la persona più povera al mondo sia colei che non possiede un sogno. Sognare permette di offrire alla vita quelle sfumature di colore che in caso contrario l’esistenza non avrebbe. Chiunque dovrebbe combattere per la propria passione senza mai arrendersi. Divento sempre più consapevole invece che i più non sono soddisfatti del mestiere che esercitano; questo è molto triste perché senza passione non si va da nessuna parte».

È difficile essere un attore?

«È difficile essere uomo. La recitazione è una professione che ti può riuscire come no, ma è un mestiere che hai scelto. È molto complesso restare con i piedi ben saldi a terra ed essere uomo».

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