Ravenna guarda a Teheran

Rimini

RAVENNA. «Pellegrinaggi laici» li hanno definiti. Quando la musica è chiamata a parlare (anche) di pace. Quando le note servono a trovare somiglianze, e le dissonanze si sciolgono in armonie. Non sempre succede; qualche volta sì.
Dal 1997 Ravenna festival ha legato il suo nome a quello delle Vie dell’amicizia. Il primo concerto fu a Sarajevo, la città del lungo, lunghissimo assedio nella guerra serbo-bosniaca. Seguirono altri luoghi simbolo della storia antica e, talvolta, della tragedia contemporanea: Beirut, Gerusalemme, Mosca, Erevan capitale dell’Armenia insieme alla “nemica” Istanbul, la New York post 11 settembre, Il Cairo all’ombra delle piramidi, Damasco in una Siria oggi lacerata, Nairobi, il sacrario di Redipuglia, fino all’ultimo passo, a Tokyo, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’amicizia Italia-Giappone.
Una carovana sempre guidata da Riccardo Muti, per l’occasione “ambasciatore” di Ravenna e dell’Italia, alla guida di orchestre e cori “mischiati” e poliglotti, in cui ai musicisti italiani si uniscono quelli locali, per lasciar parlare – finalmente – la musica.
Sono passati vent’anni: durante questo tempo le cose sono un po’ cambiate anche per il festival: i grandi sponsor hanno dovuto cedere il passo, le Vie si sono un po’ ristrette. Ma nel 2017, in occasione del ventennale, lo sguardo potrebbe volgere nuovamente a Oriente e il Ravenna festival approdare nell’antica Persia. Una delegazione è stata infatti invitata in Iran, a Teheran, dalla Fondazione Roudaki e dall’Istituto Culturale dell’Ambasciata iraniana di Roma. A gennaio la delegazione sarà accolta e guidata in alcuni sopralluoghi dal nostro ambasciatore Mauro Conciatori e dall’attaché culturale Carlo Cereti.
Non è certo una meta facile: l’affascinante Iran, patria di una delle più antiche civiltà del mondo, oggi è una rigidissima e controversa repubblica islamica, paese dai diritti stracciati e dal futuro complicato. Ma dalla firma dell’accordo sul nucleare (Ginevra luglio 2015), e la revoca o la diminuzione delle sanzioni occidentali, le cose si stanno muovendo. E anche la cultura può fare la sua parte. Lo scorso gennaio, la prima destinazione europea del presidente Hassan Rohani fu proprio Roma. In quell’occasione Rohani definì l’Italia «porta per l’Europa». Ora Ravenna, che da sempre è porta sull’Oriente, si candida a fare da ponte.
La visita dei ravennati arriva poi a meno di due anni dalla ricostituzione dell’Orchestra Sinfonica di Teheran, vecchia di 80 anni. L’Orchestra, nei desideri del festival, potrebbe unirsi alla Cherubini e a musicisti delle principali compagini italiane per un auspicabile concerto di avvicinamento. Nell’aprile 2015 la formazione iraniana ha eseguito a Teheran la Nona di Beethoven salutata da una standing ovation del pubblico: un viatico non da poco.

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