Sotto il Ponte di Tiberio la storia scorre ancora

Rimini

RIMINI. Da sempre, nell’immaginario e nella realtà, il ponte è qualcosa che unisce. Nel caso del bimillenario Ponte di Tiberio la simbologia e le caratteristiche pratiche si arricchiscono con un progetto appena inaugurato: il Parco archeologico.

Realizzata nell’area del ponte soprattutto nella parte del borgo San Giuliano, la nuova opera – promossa dal Comune in collaborazione con il gruppo Sgr (che l’ha finanziata tramite l’Art bonus) – ha visto la partecipazione di numerosi soggetti che hanno contribuito in maniera diversa alla sua realizzazione.

Visitando il parco e leggendo i pannelli si scopre la storia di un monumento fondamentale per la vita della città.

Iniziato da Augusto nel 14 e completato da Tiberio nel 21 d.C. (come ricorda l’iscrizione che corre sui parapetti interni), il ponte si sviluppa in cinque arcate in pietra d’Istria che poggiano su massicci piloni muniti di speroni frangiflutti. La deviazione del Marecchia prima (1931) e, più recentemente, i lavori per la predisposizione di un bacino chiuso, hanno messo in luce i resti di banchine in pietra a protezione dei fianchi delle testate di sponda; recenti sondaggi hanno poi rivelato che la struttura del ponte poggia su un sistema di pali di legno perfettamente isolati.

Nel Parco archeologico che si estende fino al parco Marecchia sono raccolte e conservate 155 pietre che un tempo facevano parte del ponte.

«Si tratta di elementi che prevalentemente risalgono a epoca romana (a partire dalla fine dell’epoca augustea, inizi I secolo d.C.) – spiega l’archeologo Marcello Cartoceti che, con Maria Luisa Cipriani, ha collaborato al progetto e alla sua realizzazione – e appartengono al rivestimento esterno del Ponte, sia alle pareti, sia al piano di frequentazione (carrabile e pedonale) superiore. Alcune invece si datano a epoche e periodi successivi; tutti gli elementi recuperati sono il frutto di crolli di materiale avvenuti prevalentemente in epoca moderna».

Fra crolli, terremoti

e guerre

Oltre ai crolli, il Ponte di Tiberio (che sarebbe più esatto chiamare “di Tiberio e Augusto”) è sopravvissuto a tante vicende che hanno rischiato di distruggerlo: dai terremoti alle piene del fiume, dagli episodi bellici quali l’attacco inferto nel 551 da Narsete, durante la guerra fra Goti e Bizantini, al tentativo di minarlo da parte dei tedeschi in ritirata nella Seconda guerra mondiale.

Un monumento così rilevante per la storia cittadina (partiti nel 2014, si concluderanno nel 2021 i festeggiamenti per i duemila anni) meritava e merita una maggiore centralità rispetto a quella che aveva sinora.

«Il luogo era un po’ abbandonato – dice Maria Luisa Cipriani, architetta specializzata in progettazione di spazi aperti –. Con il Parco archeologico si è cercato di trasformarlo in luogo d’incontro aperto alla popolazione, in una piazza sull’acqua che sia rappresentazione della storia passata ma anche della vita attuale perché il borgo San Giuliano è attivissimo, è un luogo di ritrovo».

Una riqualificazione che ha già creato nuove abitudini nei cittadini. «Sono molto contenta – prosegue Cipriani – perché da quando abbiamo aperto il Parco, ci sono persone sedute sulle panchine, che leggono, che chiacchierano. Quindi c’era necessità che questo luogo fosse rivalutato e riqualificato con una veste adeguata all’importanza che ha. Dobbiamo ricordare che l’aspetto dei luoghi non è secondario, è come metterci un vestito bello per presentarci bene. Se vogliamo offrire dei luoghi all’uso dobbiamo dare loro un aspetto adeguato».

L’intervento di riqualificazione dell’area è stato progettato e realizzato per conto del Comune di Rimini da Anthea, il cui presidente Andrea Succi, spiega che «tutto nasce dal progetto della piazza sull’acqua che coglie sia le suggestioni dell’arena popolare allestita durante le feste del borgo San Giuliano che l’esigenza di migliorare la qualità di un luogo “anfibio” come l’invaso d’acqua marina che introduce al parco e alla Valmarecchia».

Dalle pietre ritrovate

la storia del ponte

Merita un approfondimento il tema delle pietre ritrovate perché, come ricorda l’archeologo Cartoceti, «da un singolo sasso si possono individuarne la storia e l’utilizzo per comprendere il modo in cui è stato fabbricato questo ponte».

Prosegue Succi: «Le 155 pietre ammassate sul prato del parco (cinque delle quali costituiscono il monumento al centro della nuova piazzetta con belvedere) hanno ritrovato protagonismo e valore. Il progetto complessivo Le pietre raccontano prevede altre due fasi prima di essere concluso».

L’inizio del prossimo cantiere è previsto per il gennaio 2017.

Un’altra menzione è per Renata Curina, funzionario a Bologna della Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna, a cui si deve l’ideazione del Parco archeologico, mentre l’allestimento e la risistemazione dell’area sono state concordate con la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini.

Un importante contributo è arrivato anche dalle giovani generazioni, in particolare dagli studenti del liceo “Giulio Cesare – Manara Valgimigli” che (nell’ambito del progetto Di ponte in ponte) nell’estate dello scorso anno si sono adoperati nella pulizia della superficie delle antiche pietre recuperate, guidati dai restauratori della Soprintendenza archeologica dell’Emilia-Romagna.

E proprio la dirigente scolastica del liceo, Sandra Villa, ricorda che «la titolazione del parco archeologico Le pietre raccontano è tratta, certamente inconsapevolmente e in buona fede, da una pubblicazione omonima del 2013 (Le pietre raccontano, a cura di Bonifazi, Ceccaglia, Fontemaggi, Piolanti per Panozzo editore)».

Infine, nell’ambito del progetto del Parco archeologico, Sgr ha realizzato una preziosa pubblicazione (stampata lo scorso mese di settembre) in cui si raccontano la lunga storia del Ponte di Tiberio e i lavori di riqualificazione effettuati.

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