Bollani, ironia partenopea e amore per la Romagna
VERUCCHIO. Stefano Bollani torna al Verucchio festival del collega Ludovico Einaudi, questa volta per presentare il suo progetto Napoli trip, questa sera sul sagrato della chiesa Collegiata. Un universo musicale, quello partenopeo, che ha ispirato Bollani e lo ha spinto a comporre nuovi brani e a improvvisare sulla musica napoletana del passato. Ecco perché ha voluto dalla sua parte Daniele Sepe, un grandissimo personaggio napoletano, e un compare di vecchia data di Bollani, Nico Gori. Questi due fiati saranno supportati da Bollani al piano e al fender rhodes e dal grande Jim Black alla batteria, per aggiungere nuovi sapori alla ricetta.
Maestro, ma che ci fa un tosco-meneghino come lei a Napoli?
«In realtà sono innamorato di Napoli per via di Carosone fin da bambino. Inizialmente volevo fare un omaggio a lui, ma nel giro di poche ore ho abbracciato un argomento più grande come la musica napoletana. Ho avuto come guida Daniele Sepe, che ho sfruttato come un Virgilio musicale e la cosa ci è scoppiata in mano, partiti da Napoli siamo “arrivati” fino in Norvegia e Brasile…».
Volendo restare sulla napoletanità, lei potrebbe essere inquadrato come il Masaniello del jazz o, se vogliamo, il Pulcinella della musica contemporanea?
«Io direi più come “il Baricco dell’architettura norvegese…. (ride, ndr)».
Avendola ascoltata dal vivo a Forlì per il Ravenna festival, abbiamo notato che una delle cose che apprezza di più il suo pubblico è la rispettosa ma simpatica presa in giro di Franco Battiato. C’è qualche compositore napoletano di cui farà la parodia nel suo concerto di Verucchio?
«Facevo anni fa un’imitazione di Pino Daniele, ma ora sarebbe irrispettosa. Però ho scritto una canzone in napoletano. S’intitola O’ microchip».
Da Jovanotti a Enrico Rava e Riccardo Chailly. La formazione di Bollani abbraccia pop, jazz, classica… Un musicista completo.
«Sicuramente mi sono molto divertito finora, ho sempre pensato che avrei sfruttato i vari linguaggi musicali per conoscere artisti che ammiro, lo andavo a sentire da bambino Rava e quando ho suonato con lui sono stato felicissimo. Io guardo alle emozioni, non ai generi musicali».
Mi dia un giudizio non troppo cattivo sul suo collega Ludovico Einaudi che dirige il festival di Verucchio…
«Per fortuna c’è quell’altro, Allevi, a cui vanno tutte le nostre cattiverie, tutti noi ci salviamo perché c’è lui che fa da parafulmine! È la seconda volta che suono a Verucchio, grazie a Einaudi. Ho visto il suo concerto al Polo e l’ho trovato perfetto. Tempo fa avevo fatto una sua parodia, improvvisando un concerto con le… balene. Dopo averlo visto sui ghiacci, abbiamo pensato che era normale. Per contraltare mi toccherà fare un concerto all’Equatore».
Tornerà in radio con “Sostiene Bollani” o “Il dottor Djembé”?
«In radio non lo so al momento, ma andrò a condurre un programma per Raiuno, dal 10 novembre, dal titolo L’importante è avere un piano: sarà una grande jam session con tanti ospiti per 50 minuti di musica live. Faremo sette puntate. Io faccio da perno».
Che progetti?
«Ho appuntamento l’11 settembre a Lipsia con l’orchestra della radio tedesca, diretta da Christan Jarvin: facciamo per la prima volta il mio Concerto azzurro che sto finendo di scrivere. Musica non classica, vivente».
Cosa vuol dire per lei Romagna?
«Significa Valentina Cenni, la mia fidanzata di Riccione, viviamo insieme. Sono spesso qui da voi, lei ha un discreto numero di parenti. Mi piazzo lì e non mi muovo più. Mi piace tutto!».