Il "nobile" dialetto romagnolo riecheggia nella Domus di Rimini

Rimini

RIMINI. Lingue di confine è un progetto sul dialetto romagnolo in chiave contemporanea, curato da Fabio Bruschi e inserito nella stagione teatrale 2013/2014, dedicato ai neo-dialettali in poesia, teatro e cinema, tra slang e parole migranti.

Un itinerario articolato che si delinea in diversi spazi della città, tra luoghi consolidati della scena cittadina e inediti “palcoscenici” urbani.

I prossimi due appuntamenti si svolgernano oggi e domani alla Domus del Chirurgo in piazza Ferrari a Rimini.

Stasera alle ore 21 e alle ore 22.30 va in scena La custode di Francesco Gabellini con Francesca Airaudo, con musiche di Marco Mantovani e luci di Nevio Cavina per la regia di Francesco Tonti. Riflessioni e speranze di una ex albergatrice che si trova a dover fare i conti con un passato che ostacola i propri progetti e allo stesso tempo le offre un nuovo, diverso, punto di vista: cosa potrebbe succedere se durante i lavori di trasformazione della storica pensione Iris in lussuosi appartamenti, si rinvenissero i resti di una domus di epoca romana?

Il testo disegna una bella figura femminile, con la voglia di reagire e l’inventiva tipica delle donne romagnole. Lo spunto poetico si interseca inoltre con l’attualità, laddove spesso, anche nelle nostre località, la costruzione di edifici commerciali ha portato alla luce siti archeologici e ci spinge a interrogarci sul rapporto fra presente e passato.

«L’idea – racconta Francesca Airaudo – nasce quasi per gioco un paio di anni fa, quando Cinzia Bevitori, la moglie dell’autore Francesco Gabellini, suggerì che lo spettacolo “La custode” potesse essere replicato all’interno della Domus di Rimini, ovvero nel luogo in cui il testo si svolge. Certo, una generica Domus, ma comunque una Domus. L’idea mi sembrò geniale e dopo qualche tempo finalmente la cosa è andata in porto».

Il testo racconta proprio di un ritrovamento archeologico a seguito di una demolizione come in riviera se ne fanno tante: da pensione a condominio.

«Provando in questi giorni all’interno della domus – continua Airaudo – mi sono immaginata l’emozione che gli scopritori devono aver provato quando hanno intuito che cosa si nascondeva sotto le ruspe che si accingevano a scavare piazza Ferrari per una usuale ristrutturazione. E ho avuto la fortuna di trascorrere molte ore in un luogo pieno di bellezza e di poterne godere l’incanto. Per noi teatranti un luogo del genere è estremamente evocativo. Dopo diverse ore quasi ti sembra che dal “pavimento” salgano le voci e gli echi degli antenati, e ti immagini che parlino lingue antiche e moderne, e che in quella domus sarà echeggiato, perché no?, anche il dialetto romagnolo, la lingua di Iris, protagonista dello spettacolo. Insomma, un luogo potente e molto interessante».

 

Domani, lunedì 30 dicembre (ore 21 e 22.30), Francesco Tonti interpreta Detector di Francesco Gabellini, messo in scena dallo stesso Tonti con Francesca Airaudo con la consulenza musicale di Marco Mantovani: questo racconto in prima persona (in dialetto romagnolo e italiano) narra con ironia la storia di un portiere notturno alle prese con un metal detector, una aggeggio di cui ignora l’utilizzo ma che diventa presto un prezioso strumento per la ricerca di oggetti smarriti nelle spiagge della riviera, oggetti carichi di storie e di umanità. Il nostro si imbatterà in qualcosa di importante: un oggetto capace di riportarlo indietro nel tempo, agli anni della sua giovinezza…

Gabellini tinge il protagonista di sfumature romantiche, proiettando lo spettatore in atmosfere rivierasche poetiche e malinconiche. Si sorride con tenerezza, quando si scoprono le convinzioni di un uomo semplice e buono, chiuso e poco avvezzo al cambiamento, affezionato al nipote e… alla solitudine. Un uomo che forse al tepore di ogni fine stagione non smetterà di imbracciare il suo detector, alla ricerca di storie dimenticate.

«Perché rappresentare Detector alla Domus del chirurgo? – si chiede Francesco Tonti Tira fura la palèta e schéva pò… basterebbe questa frase del racconto per coglierne il motivo. Per Libero – così si chiama il personaggio del monologo che interpreto – le azioni di cercare, scavare e trovare sono sostanziali. E gli oggetti che trova, grazie al suo detector, assumono inizialmente un valore “umanitario”, come dice lui, trasformandolo in “una specie di Robinùd tutto computerizzato” e poi... inaspettatamente... un valore affettivo... Difatti trova un oggetto capace di farlo tuffare nei ricordi, capace di evocare un passato amoroso. Lo spettatore è spinto a immaginare quante cose possono nascondersi sotto al suo telo da mare quando, al primo pallido sole di maggio, si sdraia sulla spiaggia, sopra pezzi di passato. Quale luogo migliore della Domus dunque per vivere questa sensazione, per vivere questo racconto seduti sopra a un “sotto” così bello e antico».

 

Ingresso unico 10 euro, biglietteria aperta alla Domus a partire dalle ore 20.

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