Il giovane Daniel Giulianini debutta al Teatro alla Scala

Rimini

FORLÌ. Il colpo, l’occasione della vita a Daniel Giulianini, basso-baritono forlivese classe 1987 che vive a Forlimpopoli, è arrivata a soli 28 anni: nella carriera di un cantante lirico quella chance può venire solo dal palco del teatro alla Scala di Milano. Ed è proprio nel tempio della lirica che Giulianini debutterà in maggio come interprete nel ruolo di Larkens in La fanciulla del West, opera di Giacomo Puccini del 1910. Quello del cantante forlivese sarà un esordio tra i più precoci mai avvenuti: non è scontato nel mondo della lirica calcare l’Olimpo musicale e farlo tanto presto.

«Sono il più giovane italiano a debuttare alla Scala – gioisce il 28enne –, mi risulta che solo il grande Ettore Bastianini, 80 anni fa, affrontò quel palco prima, a 24 anni, nel Rigoletto», mentre mostra orgoglioso il contratto firmato lo scorso 30 novembre dal sovrintendente della Fondazione Teatro alla Scala, Alexander Pereira.

A volerlo nel cast, scegliendolo alle audizioni fra 600 candidati, il famoso direttore del teatro Riccardo Chailly.

«Mi sono presentato con un brano tratto da Ernani di Verdi, e ho notato – racconta – che mentre cantavo Chailly si è commosso. È stata un’emozione unica. Quell’aria l’avevo scelta perché mi ricorda la fragilità della mia infanzia».

Infatti, per Giulianini tutto parte e tutto ha inizio in un orfanotrofio della Bulgaria.

«Le mie origini sono bulgare – svela il ragazzo –, sono stato abbandonato in un istituto fino ai sei anni. Lì mancava tutto ma già mi piaceva cantare. Poi sono stato adottato e sono arrivato a Forlì: ero piccolino e mi esprimevo così, i miei genitori mi hanno assecondato».

È così che con tanto impegno, lavoro e sacrificio sono arrivati i primi risultati. Giulianini ha frequentato l’istituto “Angelo Masini” di Forlì, poi ha proseguito gli studi diplomandosi al conservatorio “Bruno Maderna” di Cesena, infine a Bologna alla Scuola dell’Opera del Teatro comunale. Adesso da 3 anni la sua carriera è avviata: gira i teatri del mondo, dalle sale italiane al Bolshoi di Mosca, Vienna, Tokio; ha due manager, tra i quali Michele Torpedine, lo stesso che segue i tre tenorini de Il Volo e, anche se la strada è ancora lunga, vede concretizzarsi i suoi sogni.

«Amo il mio lavoro e ho una moglie e un bimbo che adoro, tutti aspetti che mi danno la forza di dare il massimo e mettere alla prova le mie capacità. Grazie lo devo dire a coloro che, per primi, hanno creduto in me: il mio maestro Carlo Meliciani, e Riccardo Muti con sua moglie Cristina Mazzavillani, che mi portarono già a 19 anni su un palco e con i quali tuttora collaboro, come per l’ultima produzione di Bohème per il Ravenna festival, che abbiamo appena rappresentato anche in Lituania».

Lungo questo percorso «ho avuto anche qualche inciampo, ma in generale il mondo della lirica è costellato di insegnanti e persone splendide che sono state capaci di trasmettermi tanto. Mi dispiace vedere, però, che nella mia città per l’opera ci sia poca attenzione».

Ma adesso è ora di concentrarsi solo sul debutto di maggio: «Partiremo a marzo con le prove e ho già cominciato a studiare. La voce – spiega infatti – va allenata ogni giorno per non perdere in dinamicità, timbro e scioltezza. Inoltre bisogna scavare nella psicologia del personaggio. Il mio ruolo sarà quello del basso e faremo dieci repliche. Devo dire che nella mia carriera molto mi ha aiutato il mio calibro vocale, da basso-baritono, non sono tanti in Italia, una tessitura dal colore definito, ben centrata nello scuro ma nello stesso tempo chiaro e limpido».

E proprio a questa sua dote vocale si lega l’ambizione più grande: «Interpretare un giorno il Don Giovanni di Mozart, un ruolo cucito attorno a un basso o baritono, in un teatro importante».

Ma per certi traguardi non basta solo la bellezza vocale, «quello in una scala fino a 10 conta 4, il resto la fa l’interpretazione, ci vuole prima di tutto un grande artista».

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