Quando la voglia di antichità è modernissima

Rimini

RAVENNA. È stata presentata ieri al Museo d’Arte della città di Ravenna “La seduzione dell’antico. Da Picasso a Duchamp, da De Chirico a Pistoletto”, la grande mostra a cura di Claudio Spadoni che verrà ospitata dal 21 febbraio al 26 giugno 2016. L’esposizione, realizzata come di consueto grazie al sostegno della fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, esamina quanto insopprimibile sia stato il richiamo dell’“antico” lungo tutto il ’900. Il secolo che all’insegna del “nuovo” ha visto le avanguardie dei primi decenni e quindi le neoavanguardie del secondo dopoguerra, protagoniste della scena artistica internazionale, e alle quali anche la critica, musei, fondazioni e un mercato sempre più determinante, hanno rivolto le maggiori attenzioni.

«L’idea di questo progetto – ricorda Claudio Spadoni – mi si è precisata rileggendo “La pittura metafisica” di Carlo Carrà, soprattutto nell’affermazione che nell’arte del suo tempo (stiamo parlando della seconda metà degli anni ’10) c’era “quel non so che di antico e di moderno...”. Questo passaggio, scritto in un memento in cui, dopo la stagione futurista, era ormai rivolto a un ripensamento del passato, mi ha folgorato, perché allo stesso tempo significava una cosa semplicissima, cioè che nell’avanguardia vi era un’evidente radice dell’antico, e molto complessa, ossia il fatto che vi era anche qualcosa che modificava quella radice, trasformandola nell’arte di un altro tempo».

“La seduzione dell’antico”, ripercorrendo la storia del secolo scorso con uno sguardo diverso, mira a documentare artisti e vicende che testimoniano l’attenzione all’antico non solo degli artisti che non sono stati partecipi delle ricerche e delle trasgressioni delle avanguardie, ma anche di molti che senza rinnegare la loro appartenenza a movimenti, gruppi, tendenze innovative, hanno attinto, in modi diversi, alla memoria storica. Una memoria ripresa talora come restituzione moderna di modelli dell’antico, magari fino all’esplicita citazione; oppure in forma evocativa, o ancora come pretesto per una rilettura inedita o uno sguardo disincantato rivolto a opere e figure mitizzate del passato per contestualizzarle in una contemporaneità all'apparenza quanto più lontana dalla tradizione. Fino alle operazioni più disincantate e dissacratorie condotte da alcuni artisti. Un pensiero che ormai andava diffondendosi anche oltre i confini, ambiguamente definito il “ritorno all’ordine” dopo le avventurose sortite delle avanguardie che avevano segnato il primo novecento fino agli anni della Grande Guerra. Ma se la fase delle avanguardie storiche non poteva dirsi conclusa, almeno fino all’entrata in scena del Surrealismo, col manifesto del 1924, il clima storico era profondamente mutato, come stanno a documentare i cambiamenti di rotta di diversi protagonisti di quelle stesse avanguardie.

La mostra del Mar va da protagonisti come De Chirico, Morandi, Carrà, Martini, Casorati, al periodo cruciale del “ritorno all'ordine” fra le due guerre, col “Novecento” di Margherita Sarfatti e Sironi figura dominante, fino al cosiddetto “Realismo magico”, ma anche alle versioni diversissime del neobarocco, da Scipione a Fontana a Leoncillo. Poi figure come Guttuso e Clerici, quindi la stagione della Pop Art, con Schifano, Festa, Angeli, Ceroli, e quindi, nel pieno dell’Arte Povera, Paolini e Pistoletto. E ancora, da Salvo a Ontani, da Mariani a Paladino, con una presenza rilevante di stranieri quali Duchamp, Man Ray, Picasso, Klein, per citare solo pochi nomi.

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