Mario Morigi… non solo pagliai

Rimini

CESENA. «Da un po’ di tempo in qua, Mario Morigi, dedica la propria attività di pittore a un tema unico: i pagliai» così commenta Luigi Pasquini sul Resto del Carlino del 10 aprile 1972.

In realtà i pagliai risultano uno dei temi ricorrenti della sua pittura più tardiva, ma l’etichetta di “pittore dei pagliai” è assolutamente inappropriata e molto riduttiva se riferita ad una intera vita dedicata completamente all’arte nelle sue espressioni più diversificate: disegno, pittura, scultura, ceramica, poesia e tanto altro. Nel volume Arte e poesia di Mario Morigi (Wafra, Cesena, 1984) da lui curato, Orlando Piraccini ne traccia un affettuoso profilo umano ed artistico coinvolgendo nell’operazione gli amici ed estimatori come Vittorio Bonicelli, Raffaele Flaminio Dondi, Luigi Pasquini, Cino Pedrelli e Renato Turci.

Mario Morigi (Cesena 1904-1978) appena ventenne decide di dedicarsi alla pittura trasferendosi nella ex bottega del ceramista faentino Leonardo Castellani in prossimità del torrente Cesuola, il “ponticello” del quale è immortalato in un olio del 1933 che sembra uscito dal pennello di Paul Cezanne. Cesena è il suo luogo di lavoro per tutta la vita e nemmeno l’amico di sempre, Alberto Rognoni, riuscirà a trascinarlo a Milano a metà degli anni ’50. Le prime mostre al Caffè Forti nel 1927 e nel 1933 rivelano già come Morigi si esprima con maestria in un’ampia gamma di tecniche che vanno dal disegno all’incisione, alla pittura, alla scultura e alla ceramica ottenendo in tutte risultati di sicura qualità. Questo periodo, che durerà fino all’inizio della II° Guerra mondiale, lo dedica alla ricerca di una propria identità artistica producendo le sue opere migliori.

Nell’immediato dopoguerra, autoescludendosi dal movimento neorealista che coinvolge gli artisti cesenati più giovani come Sughi, Cappelli, Caldari, Piraccini e Gazza, mantiene con coerenza e continuità quella pittura di “impressione” più legata alla tradizione locale.

L’arte sacra è un tema che affronta costantemente dagli anni ’30 alla sua morte, con una particolare preferenza per la figura di San Francesco ripresa più volte in pittura e scultura. Le scene del Nuovo testamento sono il tema delle formelle in ceramica sistemate nel 1965 sulla facciata del cimitero di Cesena , il Martirio di San Lorenzino del 1970 è il grande pannello in ceramica maiolicata che decora l’omonima Casa di Cura sempre a Cesena e la grande Pietà in bronzo del 1973 collocata nell’Ospedale Civile di Mercato Saraceno. Sono tanti i busti e i ritratti eseguiti in marmo, in bronzo, in terracotta e fra quelli pubblici spicca il “faccione” del tenore cesenate Alessandro Bonci nel vestibolo dell’omonimo teatro cittadino.

Di Morigi scultore va sicuramente ricordata la splendida Piccola abissina, un bronzo del 1948 proprietà della Cassa di Risparmio di Cesena che richiama alla memoria alcune delle raffigurazioni migliori dell’arte del Benin, eseguita dopo oltre dieci anni dalla permanenza in Africa dell’autore.

Dalla metà degli anni Sessanta cominciano a comparire “i pagliai”, sempre più frequenti e in tutte le ambientazioni stagionali, che gli garantiscono un certo successo commerciale. Un gruppo di quadri eseguiti fra il 1930 ed il 1970, alcune sculture e principalmente, una serie di caricature in terracotta policroma, costituiscono la Donazione Morigi alle raccolte comunali d’arte di Cesena voluta dall’autore. Morigi è un artista generoso e capace, dotato di un poliedrico talento che rivela anche al di fuori delle arti figurative. Ne sono una prova i versi: «Tolto l’odio dal pugno, una mano dischiusa è un albero fiorito», tratto dalla sua raccolta di poesie Una persistente fiducia pubblicata da Bettini di Cesena nel 1969. (s.s.)

 

 

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