Il Sessantotto, anni formidabili o peggio gioventù?

Rimini

SAN MAURO PASCOLI. Dopo le riuscite Udienze preliminari con cui ha già fatto sentire la sua voce di riflessione critica, il Processo al 68 è pronto a entrare in tribunale a Villa Torlonia lunedì 10 agosto alle 21, per una edizione, la 15ª, sostenuta come tutte da Sammauroindustria. Processo al ’68. Anni formidabili o peggio gioventù? è il filo conduttore di un dibattimento che si annuncia controverso, con un verdetto a favore o contro che potrebbe dare adito a sorpresa. Quattro i protagonisti, tutti determinati. Nel ruolo di accusatori ci sono Giampiero Mughini, noto opinionista televisivo, con il giornalista Giancarlo Mazzuca. A difesa sono invece Marco Boato, docente in Sociologia e protagonista del Sessantotto, con lo storico Marcello Flores, insegnante all’università di Siena.

Un punto di vista inequivocabile lo ha pronunciato nell’udienza di venerdì scorso Mario Capanna, icona delle proteste e strenuo difensore del Movimento, quando gli è stato chiesto del perché non presenziasse al Processo. «Appena ho sentito che nell’accusa ci sarebbe stato uno che ha rinnegato quegli anni – ha risposto –, ho deciso di non venire: non perdo tempo con i pentiti» (dal Corriere Romagna di domenica 26 luglio).

Il pentito è l’accusatore Mughini. Pure dichiarandosi figlio del Sessantotto, Mughini sostiene nella sua tesi accusatoria, «il Sessantotto è durato troppo a lungo, una ventina d’anni fino al delitto Moro e nel tempo s’è avariato, ha prodotto i due opposti terrorismi e un groviglio di sotto culture…». L’intervento di Mughini è “smorzato” da Giampiero Mazzuca, per Miro Gori «la parte meno polemica e visibile. A lui si aggiunge nel tentativo di equilibrare le parti – spiega il presidente del tribunale – il politico Marco Boato, ex Lotta Continua poi entrato nel movimento dei Verdi, e al suo fianco lo storico Marcello Flores autore del libro Il Sessantotto a quattro mani con Alberto De Bernardi».

Alla giuria popolare l’ardua sentenza, con l’utilizzo di rigorose palette contate dal palco da irreprensibili collaboratori, dotati di occhio di lince.

«Il titolo del Processo sta a significare come il ’68 sia un fenomeno importante, iper controverso, che continua a dividere – aggiunge Miro Gori –. È un tema per me abbastanza inafferrabile in quanto è molto vicino nel tempo, ce lo ricordiamo. Fatto questo che ne appesantisce la riflessione».

Soddisfatta è la sindaca Luciana Garbuglia: «Credo Sammauroindustria abbia fatto un bel colpo nell’anticipare i 50 anni del Movimento che cadranno fra tre anni. Le Udienze hanno dato vita a una analisi approfondita, tra luci e ombre. Ciò che mi ha più impressionato è il fatto che il Sessantotto non è stato un movimento soltanto nostro, ma internazionale; fatto che rende ancora più stimolante allargare lo sguardo oltre ciò che ha prodotto».

L’ambizione di partire da fenomeni territoriali per parlare di eventi universali è da sempre una caratteristica del Processo per Miro Gori: «Mai i nostri eventi si sono radicati al campanile – conclude – hanno guardato al mondo, sull’esempio di Pascoli».

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