Questo Gassmann sembra Tim Burton

Rimini

CESENA. Il pubblico cesenate in questi anni ha ripetutamente applaudito Alessandro Gassmann (ha di recente riaggiunto la doppia “n” al suo cognome). Stasera alle 21 e domenica alle 15.30 sarà di nuovo protagonista al Bonci con il “Riccardo III” di Shakespeare, di cui è pure regista. Il suo è un allestimento dark che, dice l’attore, «attraversa un tempo che va dal medioevo alla seconda guerra mondiale, ricorda atmosfere di Tim Burton e Frankenstein».

Lo circonda una compagnia di dieci attori fra cui sua moglie Sabrina Knaflitz, Manrico Gammarota, Paila Pavese.

In questo sabato l’attore si racconta anche al cinema. Il San Biagio alle 16.30 proietta il docufilm “Essere Riccardo e gli altri” di Giancarlo Scarchilli. Dopo il Torino film festival, è in nomination ai Nastri d’argento come miglior documentario cinematografico (ingresso 3 euro). Alle 19.30 incontro con il pubblico.

Gassmann è uomo del suo tempo: da regista, direttore artistico dello Stabile del Veneto, padre dell’adolescente Leo, comprende la necessità di avvicinare al teatro nuove generazioni. Da anni si adopera per coinvolgere nel gioco del palcoscenico i più giovani; a fine mandato con lo Stabile (il prossimo giugno), ammette di esserci riuscito.

Quasi quattro anni da direttore: è soddisfatto?

«Innanzitutto ho potuto imparare tanto. E aggiungo orgoglioso che ho incrementato del 30 per cento il pubblico giovane. E poi rivendico l’ideazione del Premio off, già alla 5ª edizione».

È un’attività appagante o no fare il direttore artistico?

«Non mi ricandido alla direzione. È stato un viaggio bello nel teatro, ma ho bisogno di libertà di movimento e preferisco intensificare la mia attività di regista e attore da privato, anche se non escludo collaborazioni».

Quali sono i motivi che la spingono a lasciare?

«Ho grande difficoltà con la burocrazia; sono cavilli e clausole a impedire di muoversi liberamente nel sistema teatro. È una gabbia molto complessa da dirigere. E sono convinto che le nuove regole che si vanno delineando compromettano ancora di più il sistema».

In che modo?

«Sembra che si voglia favorire l’inserimento di tecnici; ma i veri tecnici siamo noi che lo facciamo il teatro! Per dirla con il caro amico Ugo Tognazzi, ci stanno facendo la “supercazzola”».

Tornando ai giovani, cosa chiedono al teatro?

«Vogliono capire, riconoscersi, partecipare. Perché il teatro, al contrario della rete, è un luogo di partecipazione che bisogna raggiungere uscendo».

Sembra che questo suo “Riccardo III” raggiunga un buon grado di comprensione anche fra i ragazzi.

«Devo molto alla traduzione di Vitaliano Trevisan che mantiene peraltro integro il testo shakespeariano senza stravolgerlo, solo utilizzando una terminologia riconoscibile al nostro pubblico».

Perché ha chiamato Trevisan?

«Nel 2011, in giuria al Premio Riccione, avevo letto il suo adattamento de “La bancarotta”. La sua lettura mi sorprese e mi avvicinò a Goldoni. Pensando al Riccardo III l’ho ritenuto autore ideale per una traduzione più vicina alla gente».

Intanto la si vede pure sul grande schermo.

«Venerdì (ieri, ndr) a Cesena andrò a vedere “È tutta colpa di Freud” di Paolo Genovese dove ho una partecipazione importante. È una commedia divertente ma non superficiale nella quale mi sono trovato in sintonia col protagonista Marco Giallini».

Continua fra cinema e teatro?

«Sì, la tournée prosegue sino ad aprile. Uscirà nei cinema “I nostri ragazzi” di Ivano De Matteo di cui sono protagonista; dopo il fortunato film “Razza bastarda”, sto scrivendo la mia seconda sceneggiatura. E a teatro porterò avanti tre progetti che non anticipo».

Come riesce a fare tutto?

«Sono uno stacanovista. Si possono fare convivere professione e famiglia, ma bisogna sapersi organizzare; devo forse al mio sangue paterno, per metà tedesco, questa virtù».

Dopo Cesena lo spettacolo sarà a Rimini dall’11 al 13 febbraio, a Faenza dall’8 al 10 aprile e a Forlì l’11 e il 12 aprile.

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