«Arte e musica, la mia creatività ispirata da Van Gogh»

Rimini

RIMINI. Artista difficilmente definibile, Michele Salvemini, in arte Caparezza, è uno dei cantanti più amati dalle giovani generazioni degli ultimi quindici anni. Artista di culto, per cui la definizione di “rapper” è decisamente riduttiva, non è molto presente sui media nazionali, ma su internet e, soprattutto, nei concerti, è una vera star, che raduna folle oceaniche. Lo scorso anno ha pubblicato il suo sesto album “Museica”, in cui ogni brano è abbinato a un’opera d’arte, dettagliata all’interno del libretto del disco.

Dopo quello alla fine del 2014, il 28 febbraio da Taranto è partito il secondo tour basato su questo disco, dal titolo “Museica tour II – The exhibition”, come sempre con una forte componente teatrale fatta di testi, scene e costumi. Con questo spettacolo Caparezza sarà al 105 Stadium questa sera, e noi ne abbiamo approfittato per intervistarlo.

Ancora una volta, come per quasi tutti gli album passati, si tratta di un “concept”, stavolta dedicato all’arte: ogni brano è paragonato a un’opera d’arte esistente, e il disco intero a una mostra d’arte. Ci spiega questa scelta?

«Non si può passare la vita a denunciare e lamentarsi, quindi questa volta ho voluto fare qualcosa che desse positività e soddisfazione; quello che soddisfa me è la creatività. L’arte mi ha salvato la vita, e ho deciso di dedicarle un intero lavoro quando ho visitato il museo Van Gogh di Amsterdam, poi ho iniziato un viaggio in diversi musei, e le opere che ho visto mi hanno ispirato le canzoni del disco».

Molti hanno letto in questa operazione anche una volontà “didattica”, che vuol far conoscere l’arte a chi non se ne è mai interessato: è un aspetto presente nel disco?

«Non è questo lo scopo della mia scrittura, perché io sono piuttosto autoreferenziale, ma se è un valore aggiunto ben venga. Non era lo scopo del precedente album, dedicato all’eresia e agli eretici, e non lo è di questo, però a me è capitato di avvicinarmi a certi temi perché sollecitato da un film, una canzone o un libro, quindi se capita ad altri col mio disco, mi fa piacere».

Il disco è registrato a Molfetta, la sua città, ma è stato mixato a Los Angeles da Chris Lord-Alge: dal locale al globale?

«In effetti è un po’ strano; per come sono fatto io, e per come sto conducendo la mia musica, ho un approccio particolare al rap, che mi piace infarcire con molti elementi rock. Ho sognato che potesse mettere le mani sui miei brani una delle personalità che ha mixato alcuni dei più importanti dischi rock, e Chris era in cima alla lista, anche se non avrei mai immaginato potesse accettare».

È stato da poco pubblicato il secondo singolo, e video: “Mica Van Gogh”. Ce lo presenta?

«È stato il primo brano che ho scritto per l’album, figlio di una “sindrome di Stendhal” avuta al museo Van Gogh ad Amsterdam, e lo ritengo uno dei più significativi dell’intero disco. Traccia un parallelo tra la personalità di Van Gogh e quella di una persona normale dei giorni nostri, che potrei essere io, o chiunque altro. Da una parte c’è il pittore, con la sua presunta e vetusta follia, dall’altra le follie del nostro tempo. Sappiamo tutti che Van Gogh passava per folle per cose che oggi passerebbero inosservate, come innamorarsi di una prostituta, così mi chiedo se sia stato più folle lui, o chi, ad esempio, si accampa di notte davanti al negozio di telefonia per accaparrarsi l’ultima versione dello smartphone».

“Museica” è già disco di platino, vincitore della Targa Tenco e album di grande successo: cosa possiamo ancora scoprire con questa seconda parte del tour?

«Il concerto è tutto nuovo, con una scaletta che ripesca brani vecchi che non facevo da tempo, insieme a quelli dell’ultimo disco. Il palco si trasforma in una sala di un museo, e c’è molta didattica, che spiega il disegno come voglia di comunicare attraverso le fasi pittoriche, dalle pitture rupestri, fino alla pop art di Andy Warhol».

Info 392 3900212, 0541 785708

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