I giudici confermano 30 anni di pena

Rimini

CESENA. La Corte d’Appello, chiamata dalla Cassazione a rivalutare se l’omicidio di Stefania Garattoni per mano di Luca Lorenzini fu compiuto per motivi abbietti, ha confermato la pena a 30 anni di carcere inflitta fin dal primo grado di giudizio.

Nella tarda mattinata di ieri, la seconda sezione della Corte d’appello, presieduta da Grassi, con Passarini a latere (oltre alla giuria popolare) e con Chiapponi come procuratore generale, si è pronunciata. Le motivazioni saranno rese note entro 90 giorni ma si può già anticipare che è stata confermata in toto la sentenza e la relativa condanna che il giudice di Forlì decise al termine del primo processo.

I 30 anni di carcere furono poi ribaditi dalla Corte d’Appello, ma il successivo ricorso in Cassazione li aveva messi in discussione. Il procuratore generale della suprema corte aveva infatti chiesto addirittura l’annullamento della sentenza. Alla fine, i giudici della Cassazione si erano limitati a disporre il rinvio ad una diversa sezione della Corte d’Appello, ravvisando un difetto di motivazione su una delle tre aggravanti contestate a Luca Lorenzini: l’avere assassinato la sua ex fidanzatina per motivi abbietti.

Se fosse venuto meno questo appesantimento delle accuse, ieri la seconda sezione della Corte d’Appello avrebbe potuto valutare la concessione delle attenuanti generiche, ridimensionando la pena. Ma così non è stato. L’omicida, che è rinchiuso nel penitenziario di Ferrara, dovrà pagare per intero il debito con la giustizia fissato originariamente. Una pena lunga, che però si sarebbe tradotta con ogni probabilità in un ergastolo se Lorenzini, difeso dall’avvocato Alessandro Sintucci, fosse stato riconosciuto colpevole di avere anche commesso violenza sessuale, imputazione da cui è stato invece assolto. Nel corso dei vari processi, compreso l’ultimo atto di ieri, la famiglia della vittima si è costituita parte civile, con l’assistenza legale dell’avvocato Carlotta Mattei.

Al di là dei risvolti giudiziari della vicenda, resta comunque l’immenso dolore per un delitto orrendo, che ha spezzato una vita nel fiore degli anni. Era il 9 marzo 2011 quando Luca Lorenzini, che allora aveva 28 anni, si presentò davanti all’istituto privato d’istruzione “Cartesio”, all’angolo tra viale Mazzoni e via Pio Battistini. Stefania Garattoni, che di anni ne aveva 20, frequentava quella scuola e aveva troncato la relazione con quel giovane che - si è scoperto poi anche grazie ai diari in cui la ragazza aveva annotato la sua travagliata storia sentimentale - la perseguitava da tempo. Quel giorno i tormenti ripetuti si trasformarono in un’esplosione di violenza cieca. Brandendo un coltello, infierì sulla vittima, lasciandola priva di vita sul selciato. Poi fuggì, ma dopo meno di 3 ore fu arrestato dalla polizia, nella zona di Roversano, dopo che aveva preso in ostaggio uno studente universitario incrociato vicino alle sponde del Savio e poi aveva puntato contro un agente una pistola. Un’arma che si rivelò essere una scacciacani, come aveva gridato il padre dell’assassino, accorso sul posto, che convinse il poliziotto a non fare fuoco. Seguirono l’arresto e tre anni e mezzo di odissea giudiziaria, che ieri è giunta all’epilogo.

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