False fideiussioni e aziende da spogliare: incidente probatorio in aula

Rimini

CESENA. Entravano nelle società in crisi con false fideiussioni e le “spogliavano” dei beni rimasti fino al fallimento delle stesse. Un giro illecito d’affari da 200 milioni quello scoperto dalla Guardia di Finanza e che ha portato agli arresti di 8 persone con l’ipotesi di accusa di associazione a delinquere finalizzata all’abusivismo finanziario, alla commissione di bancarotte, truffe, ricettazione e appropriazione indebita.

Gli indagati complessivamente sono una dozzina ed oggi saranno in aula per un incidente probatorio nel quale, davanti al Gip Massimo De Paoli ed al pm Francesca Rago, verrà ascoltato colui che viene ritenuto il “capofila” dell’organizzazione.

A metà gennaio in 8 finirono agli arresti. Alcuni sono ancora in cella, altri ai domiciliari altri nel frattempo sono liberi in attesa di giudizio. L’incidente probatorio di sarà fatto per ascoltare la posizione di Francesco Delle Cave, 50 anni di Afragola, residente in provincia di Caserta.

Deus ex machina di una organizzazione che, secondo le accuse, era specializzata nell’illudere gli imprenditori di potersi salvare dal fallimento, Salvo poi spogliare dei beni le aziende.

Con lui i finanzieri avevano notificato un’ordinanza di custodia a Davide Giovanni Ferreri, 50enne residente a Siracusa, considerata la “seconda mente” dell’organizzazione. Ai domiciliari finirono a inizio anno Gesualda Delle Cave, figlia di Francesco, 24 anni, Mario Sorrentino, 25 anni, Roberto Sorti, 48 anni, commercialista di Bergamo, Claudio Rocca, 77 anni avvocato di Roma, Stefano Vallecchi, 60enne di Scandicci, e Giuseppe Tramontano, 50 anni, napoletano residente a Cesena. Abitava i quella che, fino a poco tempo prima, era la sede della Immobiliare Aldini.

L’indagine è partita nel 2016, ha portato anche a 34 denunce in tutta Italia per gli stessi reati, tra prestanome, fiancheggiatori e procacciatori di affari. Due le aziende finite nel mirino a Cesena.

Tra i 12 indagati in questo filone processuale che saranno domani interessati dall’incidente probatorio c’è lo stesso Guido Aldini (difeso dall’avvocato cesenate Alessandro Sintucci) che secondo la guardia di finanza “non poteva non sapere” delle operazioni di spogliazione della sua azienda, visto che ne era amministratore di diritto. Aldini sostiene da sempre di essere invece una vittima della situazione.

Al momento in cui le fiamme gialle fecero scattare gli arresti risultavano oltre 150 episodi di truffe realizzate su cui indagare in tutta Italia.

Venivano individuate aziende in crisi, venivano emesse false polizze fideiussorie a favore di terzi, procurando illeciti guadagni. L’organizzazione entrava on prestanome o società ad hoc, stipulava contratti d’affitto dell’azienda per garantirsi la gestione, poi spogliava la ditta di quei beni ancora presenti: fossero macchinari o soldi, palesando ai creditori la possibilità di essere risarciti grazie alle fideiussioni a garanzia. Fideiussioni false immesse sul mercato a nome di uno pseudo istituto di credito con sede a Londra.

Uno delle persone raggiunta dall’ordinanza di arresti domiciliari a gennaio abitava ancora in quella che era la sede della fallita ditta edile Aldini.

Giuseppe Tramontano (difeso dall’avvocato Mirko Bartolini) durante l’udienza di convalida aveva raccontato la sua verità. La Procura lo ritiene il braccio operativo romagnolo dell’organizzazione.

Al Gip si era proposto invece come ulteriore vittima di questo sistema. Lui che, dalle carte, formalmente risulta ai vertici amministrativi di almeno due delle società utilizzate per le stangate, ha raccontato di essersi trasferito in Romagna su indicazione di alcuni degli altri arrestati. A Cesena gli era stato garantito un lavoro al punto che vi aveva trasferito tutta la sua famiglia.

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