Carte per navigare e per sognare

Rimini

Perché ancora oggi che l'elettronica ha invaso anche la più piccola delle barche, le carte nautiche esercitano un incredibile fascino? Perché ancora oggi il marinaio più esperto preferisce avere a bordo almeno le carte nautiche fondamentali? Questa e altre cento domande, con qualche risposta, ci dà Olivier Le Carrer in “Carte Nautiche. La scoperta del mondo attraverso la cartografia” (2017; Rizzoli, pp. 130, € 38). Un volume in grande formato con decine di riproduzioni di carte nautiche o di particolari, dalla mitica Tabula Peutingeriana del 335, fino a quelle elettroniche di SHOM, l'Istituto Cartografico Francese, del 2006. Un libro ad ampio orizzonte, temporale e geografico, in cui non mancano riferimenti adriatici. Imprescindibili per una storia della cartografia, tenendo conto della centralità plurisecolare di Venezia. Lì non solo carte e portolani, altrettanto importanti a bordo ieri come oggi, venivano commissionati, redatti, aggiornati e regolarmente utilizzati, ma fiorente era anche l'attività editoriale.

I mappamondi di Rimini

Tra i geografi di primo piano basterà ricordare Giovanni Battista Ramusio, nato nel 1485 a Treviso, affermatosi poi a Venezia, ma di famiglia originaria di Rimini, come ricorda la lapide della Biblioteca Gambalunga, ripresa in una breve annotazione dalla versione inglese di Wikipedia: “The municipality of Rimini here records the claim of their city to the family of the Ramusios”. Ramusio è autore di “Delle navigationi et viaggi”, uno dei primi portolani moderni. C'è poi Vincenzo Coronelli nato nel 1650, veneziano di nascita ma anche un po' romagnolo per apprendistato e frequentazioni famigliari, a Ravenna. Coronelli fu cartografo e realizzò globi e atlanti, oltre a fondare l'Accademia degli Argonauti, la prima società geografica del mondo. E scrivendo di carte, portolani e globi, vanno ricordati i due splendidi mappamondi, terraqueo e celeste, di Joan Blaeu, della prima metà del Seicento, che è possibile ammirare nelle Sale Antiche della Biblioteca Gambalunga di Rimini.

Nel racconto cartografico di Olivier Le Carrer, navigazione e astronomia sono i due assi portanti, di una storia che incomincia probabilmente prima di una delle più antiche tavolette “geografiche”, d'argilla risalente al 2200 a.C. Bisognerà però attendere greci e fenici, perché se non le carte almeno le narrazioni geografiche si moltiplichino. A partire dall'Odissea, vicenda mitica che comunque contiene riferimenti marinareschi di grande importanza. Superato il “lunghissimo sonno” cartografico medievale, come lo chiama Le Carrer, assistiamo a partire dal Quattrocento a un incredibile proliferare di mappe di ogni tipo, in concomitanza con l'avvio delle grandi navigazioni oceaniche.

Il ruolo della bussola

Un ruolo tecnico fondamentale lo svolse la bussola, perfezionata nel XIII secolo, strumento magico che consentì di navigare in maniera molto più precisa, anche lontano dalla costa. Sarà poi un magnifico crescendo, in cui la creatività qualche volta favolistica lascerà il posto al rigore scientifico, per arrivare all'oggettività fotografica e satellitare dell'oggi. Anche se chi va per mare sa bene che tutte le mappe possono essere traditrici e che le eccessive certezze, anche cartografiche, possono qualche volta rivelarsi pericolose.

Ogni tanto non guasta comunque srotolare una carta, tracciare qualche riga a matita e magari “interrogarsi su cosa può nascondere quella decorazione misteriosa che non si trova mai sugli schermi: la macchia di caffè”.

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