La vita adriatica dello squalo bianco a caccia nel regno del tonno

Rimini

Il rapporto tra predatore e preda viene nell’immaginario collettivo spesso visto come la lotta tra quei giganti del regno animale che occupano le posizioni apicali della catena alimentare. Il leone che assale l’antilope di turno o il possente squalo bianco che si avventa su un'indifesa foca. La cruenta teatralità degli eventi, ben mostrati nei documentari su madre natura della BBC e di altri network, non fa altro che riproporre in maniera palese quella che è la normale condizione che regola i rapporti tra predatore e preda e che attraversa, in tutte le sue sfaccettature, l’intero regno animale. Non sarà certamente una notizia, evidenziare il fatto che nella quasi totalità dei pesci questo avviene normalmente: pesci grossi che mangiano quelli più piccoli e che, a loro volta, trovano risorse alimentari in quella vasta gamma di organismi genericamente definita con l’appellativo di “plancton”.

Il ruolo dei grandi predatori sia terrestri che marini ricopre negli equilibri degli ecosistemi un’importante posizione, uccidono in prevalenza prede ammalate, non più autosufficienti o ferite, spesso cadaveri di animali morti anche già in decomposizione. Un insieme di condizioni che conferisce agli animali che si trovano ai vertici delle catene alimentari un ruolo di regolatori e mantenimento di un buon stato di salute delle comunità animali. Per questa loro importante funzione vanno pertanto visti come alleati dell’uomo e non come nemici o competitori.

Venendo ai grandi squali è bene ricordare che nell’alto Adriatico alcuni di loro sono abitualmente presenti. In particolare una specie: la Verdesca (Prionace glauca), uno splendido squalo che può raggiungere i 2,5 m di lunghezza. L’alto Adriatico è uno dei siti di riproduzione e di nursery di questa specie, il posto ideale ove i piccoli vengono alla luce e dove i giovanili crescono grazie anche all’abbondante disponibilità di “pesce azzurro”, tra tutti lo sgombro e le nostre sardine e alici.

Anche il possente Squalo bianco (Carcharodon carcharias) di tanto in tanto viene avvistato. Si tratta di una specie cosmopolita che frequenta preferibilmente i mari temperati, Mediterraneo compreso. Il suo contingente mondiale è purtroppo in forte declino, è da considerarsi una specie minacciata di estinzione, condizione che lo pone nella lista delle specie protette in molti Paesi, Italia compresa.

Gli avvistamenti

Tra le più recenti segnalazioni merita di essere ricordato l’avvistamento fatto da alcuni ricercatori del CNR al largo di Venezia verso la fine degli anni ‘70 del passato secolo, lo osservano mentre mordeva una carcassa di Tursiope alla deriva. Viene inoltre avvistato più volte al traverso di Rimini da pescatori amatoriali, in una di quelle circostanze viene ripreso mentre azzanna uno Squalo volpe appena pescato. Nella seconda metà degli anni ‘80 la sua presenza pare essere più assidua, gli viene attribuito il nomignolo di “Willy”, la stampa locale e nazionale ne parla. Si è probabilmente trattato di un solitario che ha vagato per mesi nell’Adriatico nord-occidentale. L'ultima segnalazione risale al luglio del 2005. Recentemente riappare nel mese di ottobre del corrente anno. Viene prima avvistato al largo di Rimini, poi nelle acque prospicenti la località marchigiana di Fano. In quest’ultimo caso, stranamente, viene notato da pescatori subacquei in acque costiere.

Contrariamente a quanto si legge circa le sue abitudini che lo danno come abituale frequentatore delle acque costiere, nell’alto Adriatico è stato in genere segnalato in mare aperto, raramente vicino alla costa. Sono probabilmente le condizioni alimentari a condizionarne le abitudini, mentre in California, Australia e in Sud Africa le sue vittime abituali sono otarie e foche, Pinnipedi che se ne stanno sui litorali e nelle prospicienti acque, nell’Adriatico segue i grandi migratori, passa il suo tempo a caccia nel regno del tonno, nelle acque pelagiche e profonde.

Le vittime

In tutti i casi a lui sono da attribuire le 21 vittime provocate da attacchi di squali nel Mediterraneo negli ultimi 100 anni, uno ogni 5 anni. Questo è quanto viene evidenziato scorrendo i dati dell’ISAF (International Shark Attack File). In Italia dal 1960 a oggi sono noti due casi, hanno interessato subacquei in immersione, entrambi nell’area centro-settentrionale del Tirreno: Circeo (Latina) nel 1962, Baratti (Livorno) nel 1989. Sempre dal 1960 la citata fonte registra altri sette casi di attacchi mortali in altri Paesi mediterranei: tre in Croazia, tre nella Grecia meridionale e uno in Francia.

Potenziali rischi si hanno nei casi di disastro marittimo con feriti sanguinanti finiti in mare. Tra tutti il caso dell’Incrociatore pesante “Indianapolis” affondato da un siluro giapponese nel corso delle seconda guerra mondiale al largo delle Filippine. Metà dei naufraghi venne uccisa dagli attacchi degli squali. In quelle circostanze subentrano fattori per lo più legati alla cosiddetta “frenesia alimentare”. L’odore del sangue trasforma anche quelle specie che normalmente vengono definite poco aggressive in feroci predatori.

* Presidente Fondazione
Centro Ricerche Marine Cesenatico

Testi e foto tratti da “Atlante della Fauna e Flora dell’Adriatico nord-occidentale” Editrice La Mandragora - Imola

Newsletter

Iscriviti e ricevi le notizie del giorno prima di chiunque altro Clicca qui