La rinascita di Orca II, la barca a vela che fa navigare la fantasia

Rimini

RIMINI. Un giorno aveva fatto navigare un bambino riminese su tutti i mari della fantasia. Poi qualcuno l’aveva fatta cadere e le si era rotto l’albero. Così il papà, un po’ a malincuore, l’aveva smontata pezzo per pezzo e messa da parte. Abbandonata nel laboratorio di una casa della collina riminese, destinata a non vedere più né la luce del sole né l’acqua su cui aveva navigato. Ma la storia di Orca II, un modellino di barca a vela costruito un po’ di decenni fa, era ancora tutta da scrivere.

La sua prima vita era iniziata nel 1979. Il suo progettista e armatore, l’architetto riminese Giorgio Franchini, voleva fare una bella sorpresa al figlio che compiva dieci anni. Alla fine i lavori richiesero più tempo del previsto e il piccolo yacht fu pronto per la festa degli undici anni.

Orca II (il nome è mutuato dalla barca del film “Lo squalo”) è lunga un metro e larga 17 centimetri. Ha un dislocamento di sei chili, un albero alto 110 centimetri e un pescaggio di 19. Naviga in tutte le andature e viene controllata con un lungo filo di circa 200 metri.

Ma un giorno succede il fattaccio. Era su una mensola e durante un lavoro di pulizie cade e si rompe l’albero. Così viene smontata, messa da parte e, col passare degli anni, quasi dimenticata. L’architetto Franchini si dedica al lavoro, che lo vede impegnato fra le altre cose al progetto di recupero del teatro Galli di Rimini. Ma quando può riesce comunque a dedicare un po’ di tempo alla sua passione per il mare: va in barca a vela (ha partecipato anche alla Rimini-Corfù-Rimini) e pratica il nuoto d’altura (è tra gli animatori del cosiddetto “Club della Boa Bianca”).

Qualche mese fa, però, una telefonata romana riporta alla mente il vecchio modellino. Il figlio, che ormai è un uomo fatto, gli chiede che fine abbia fatto la barchetta che da piccolo lo aveva tanto divertito. Adesso i dieci anni ce li ha il nipotino Leonardo e sarebbe anche per lui una bella sorpresa.

«Non avevo ancora chiuso il telefono che ero già al lavoro alla morsa», spiega Franchini. «Capirete io per il mio nipotino stravedo!». Così nonno Giorgio si mette a lavorare sodo. C’è da rifare l’albero ma anche da risistemare gli altri pezzi, anche perché nel frattempo il bulbo finisce inavvertitamente tra i rifiuti e non si riesce più a ritrovare.

«E’ stato veramente difficile. Quando ho perso il bulbo stavo per arrendermi. Quella volta, or sono circa quarant’anni, lo avevo fuso in cucina, ma oggi come avrei fatto? L’aiuto degli amici è stato decisivo. Alla fine lo abbiamo fatto realizzare da Tiraferri di Coriano, l’azienda che ha lavorato anche per gli scafi della Coppa America».

In un mese e mezzo di lavori ci si è avvalsi anche della professionalità del Cantiere di Stefano Carlini, lo storico cantiere riminese che nel 1979 si era prestato alla opportuna “fresatura” di un tronco grezzo che costituisce la metà sommersa del natante e soprattutto la sua stazza, e dei tanti che hanno voluto dare una mano a Franchini per le vele, l’albero e gli altri accessori compreso un radiocomando a 2 canali per manovrare randa e timone che nella versione originale non esistevano.

Adesso Orca II si gode una seconda vita, più bella che mai. A un osservatore distratto può sembrare di vederla andare avanti e indietro, di bolina o al traverso, sul lago del parco della Cava di Rimini o al lago Riviera di Viserba. Ma il piccolo Leonardo lo sa che la sua barca è altrove, tra Capo Horn e l’Australia, dove naviga sicura malgrado le tempeste dei Cinquanta Ruggenti.

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