Le motonavi turistiche rischiano di restare in porto

Rimini

RIMINI. Il messaggio della Publiphono risuonava sulle spiagge della riviera romagnola e avvisava i turisti: “Ogni sera”… “Jeden abend”…. Stesi sulle brandine, "rosolate" al sole, centinaia di migliaia di persone ascoltavano il programma della motonave Marinella o della Maria Vittoria o di un’altra ancora: una gita alle piattaforme o al Parco del San Bartolo, il tramonto visto dal mare, musica, rustida di pesce azzurro, fritto, vino e allegria a volontà. Era una Riviera diversa da quella di oggi dove le motonavi turistiche solcavano a ritmo continuo le acque della costa che da Ravenna arriva fino a Pesaro. All’imboccatura di porti come Cervia, Cesenatico, Bellaria, Rimini o Cattolica era un continuo viavai di passeggeri che scendevano e passeggeri che salivano. Oggi il numero di queste navi è molto diminuito, sono meno di una ventina sulla costa emiliano-romagnola, ma la pandemia del Coronavirus con tutto quello che si è portata dietro rischia di rifilare un altro duro colpo agli armatori. A fine maggio, nessuno è in grado di dire se e come le motonavi turistiche riprenderanno il largo questa estate.
I pionieri di Cesenatico
«Negli anni Settanta siamo stati i primi in Italia», racconta il cesenaticense Mauro Righetti, 72 anni, da più di 45 in mare dapprima col padre Libero, oggi armatore del Nettuno e del Tritone insieme alla figlia Giorgia, «e a Cesenatico c’erano cantieri che facevano le barche in legno per tutta l’Italia, dalla Sardegna alla Sicilia. Abbiamo portato milioni di persone a vedere il mare al largo, a incontrare i delfini, a fare la pesca con le volanti per poi mangiare il pesce a bordo. Ma il nostro settore non è mai stato preso nella giusta considerazione. Solo qui a Cesenatico una volta eravamo una ventina di motonavi! Adesso si sono dimenticati di noi. È una vergogna! Ci sentiamo abbandonati. Noi Righetti, poi, sono tre generazioni che facciamo questo lavoro».
Righetti vede l’inizio del declino del settore dall’anno Duemila. «E quest'anno, con tutte le prescrizioni che si intravvedono, il rischio è che nessuna motonave parta», aggiunge Giorgia Righetti.

Il settore deve affrontare tantissimi problemi. Uno deriva dal fatto che è inserito in un ramo del comparto industriale e non in quello turistico. Così i lavoratori che aspettavano di iniziare la stagione a Pasqua si sono ritrovati all’improvviso senza nessuna entrata. Nemmeno il bonus dei 600 euro. E gli armatori con una stagione piena di incognite…
Il numero dei passeggeri
«Eppure», spiega da Cattolica Moreno Mascarucci, 52 anni, armatore della Queen Elizabeth, “ogni motonave prima di partire con la stagione deve spendere almeno 20mila euro per i collaudi, la manutenzione, le dotazioni di sicurezza… A questo aggiungiamo i costi del carburante… Insomma, i costi non sono pochi. Se possiamo caricare tante persone riusciamo anche a fare dei biglietti da 5 euro e con 15-16 euro siamo riusciti anche a dare l’assaggio della rustida di pesce. Ma adesso cosa dobbiamo fare? E come dobbiamo sanificare la barca? Mica è il bancone di un bar!»
Con tanta fatica si sta cercando di definire un protocollo. Ma è chiaro che nella fase due, quella delle mascherine e delle distanze, tutto è molto più complicato. Il rischio concreto, quindi, è quello di vedere alcune motonavi turistiche ferme nei porti per gran parte della bella stagione. Un danno per l’ offerta turistica. Un danno per gli armatori e per i dipendenti del settore.


Le richieste al Governo
«Se non si interviene rapidamente a settembre nel nostro settore conteremo i morti ma non sarà per il Covid”… taglia corto Salvatore Gambardella, presidente dell’Associazione italiana armatori trasporto passeggeri, che parla anche a nome delle motonavi turistiche dell’Emilia-Romagna. Quelle associate all’Aiatp sulla costa emiliano-romagnola sono una ventina, facenti capo a tredici società. Tanti i lavoratori coinvolti. «O il Governo si sveglia, e immediatamente», lancia il Mayday Gambardella, «o in Italia è la fine per le 150 imprese di navigazione (che muovono circa 700 navi) e per i 12mila lavoratori dipendenti che operano nel settore».
Nonostante un’audizione in commissione finanze alla Camera non ci sono state ancora risposte. E Gambardella parla di un «segnale di pericolo di danni irreparabili». «Il nostro settore si avvale di professionalità importanti frutto di una esperienza consolidata. Se anche temporaneamente questo patrimonio viene inutilizzato si rischia di perderlo per sempre».
E proprio in questa direzione che vanno gli emendamenti proposti al Governo: sgravi fiscali e contributivi, credito di imposta o aiuti di Stato, riduzione dei canoni concessori, aiuto per tutti quei marittimi che all’inizio della pandemia non erano assunti e che non possono aver accesso ad alcun aiuto economico in questo momento di difficoltà.
«Rappresentiamo quel valore aggiunto e un ramo del sistema turistico nazionale che non può essere dimenticato o ignorato. Noi navighiamo per consentire ai turisti di ammirare e di raggiungere via mare i luoghi più suggestivi e incantevoli che il nostro Paese ci ha messo a disposizione e lo facciamo con professionalità, con notevoli sforzi, ma ora abbiamo bisogno di quell’aiuto da parte delle istituzioni senza le quali rischiamo di fallire».

Un aiuto dalla Regione?

La Regione Emilia-Romagna non esclude aiuti al settore delle motonavi turistiche, sia quelle della costa sia quelle fluviali.
«Stiamo cercando di capire le dimensioni del problema», spiega l’assessore al Turismo della Regione Andrea Corsini, «per vedere come queste attività possono rientrare in un futuro intervento di aiuto al nostro turismo con le prossime misure che metteremo in campo. Ci riferiamo alle motonavi turistiche del mare ma anche agli operatori fluviali. Sono tutte attività che fanno parte della nostra storia, della nostra memoria, il loro numero nel corso della storia è diminuito ed è un peccato. Per questo speriamo di trovare un aiuto per consentire loro di ripartire».

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