La spiaggia del 2100, senza sabbia fra mega pontili e villaggi mobili: le nuove idee al Ttg di Rimini

Spiagge senza sabbia, stabilimenti balneari mobili pronti a retrocedere con l’erosione delle coste e piazze che possono allagarsi all’occorrenza: suggestioni per la Riviera del 2100, andate in scena ieri mattina alla Fiera di Rimini nella Beach Arena, con esperti di geologia, ingegneria e architettura impegnati nel trovare un difficile punto di equilibrio fra mutamento climatico e turismo balneare. A supporto ci sono le elaborazioni affidate dallo studio Lombardini 22 all’intelligenza artificiale, che ha prospettato vari scenari di adattamento per i bagni del futuro tenendo conto di fattori quali l’erosione delle coste e l’innalzamento del livello del mare. Ecco quindi spuntare, al posto delle classiche distese colorate di ombrelloni, quelle che Jacopo D’Este e Filippo Mercuri definiscono «immagini provocatorie», come gli stabilimenti su pontili, «non più semplici passerelle, bensì spazi multifunzionali che estendono il fronte urbano e si integrano con il paesaggio costiero, in grado sia di arginare il problema dell’erosione che di farsi attrattore turistico». Ancora più funzionale sarebbe poi ragionare su una molteplicità di livelli in cui posizionare bagni e servizi, prevedendo «livelli allagabili in determinare circostanze, nell’ottica non di respingere ma accogliere l’acqua, ideando ad esempio piazze-cisterna utilizzabili anche in circostanze estreme».
Dal canto suo, il geologo Enzo Pranzini, già docente all’Università di Firenze, auspica che si imbocchi «una strada che deve lasciare vie d’uscita». Flessibilità, insomma, che potrebbe significare «sistemi che consentano rotazione e mobilità», magari «un villaggio mobile che si adatta alle mutazioni del mare». Ma alcuni modelli che tengono conto delle previsioni di innalzamento del mare sono già presenti, come ha spiegato l’architetto Cristian Gori, tra gli autori del progetto del lungomare Carrà a Bellaria: «Soluzioni vere e proprie non sono possibili perché mancano ancora disposizioni che lo permettano. Ma aprire un percorso coinvolgendo diverse professionalità è un atto etico verso le generazioni future».