La mamma di Sonia: "Era geloso e possessivo, lei non si confidava"

Rimini

«Qualcuno ha scritto che io avevo detto che quella di mia figlia era una “morte annunciata”. Non è assolutamente così. Se io avessi intuito qualcosa, o presagito il pericolo che correva, avrei fatto con le mani e con i piedi per salvarla». Sono le prime parole che pronuncia, dopo aver aver risposto al telefono. Sabrina Lombardi, la mamma di Sonia Di Maggio, raccoglie forza e lucidità per ricordare i fatti e gli avvenimenti che le hanno brutalmente strappato la figlia alla vita. Delle minacce, delle parole intimidatorie che il 39enne Salvatore Carfora rivolgeva alla figlia, però, non sapeva nulla. «Sonia, con me, - dice la mamma Sabrina, con la voce irrigidita dal dolore - non ne aveva mai fatto parola. E Salvatore, io l’avevo conosciuto, ma mi era sembrato un ragazzo come tanti, mai avrei immaginato».

Sabrina, quando aveva incontrato Salvatore, quale era stata la sua impressione?

«Partiamo dal principio. Mi hanno chiamato tantissimi giornalisti ma non ho rilasciato interviste. Ma su mia figlia ho letto di tutto, anche frasi che non ho mai detto, e quindi credo sia giusto anche fare chiarezza. Io, a Carfora, l’avevo conosciuto. Lui e mia figlia si erano incontrati lo scorso giugno, a lei piaceva, avevano iniziato a uscire, a volersi bene. Dopo tre mesi, a settembre, da Rimini sono andata a Napoli per conoscerlo. Dicevo “vado a Napoli a conoscere il fidanzato di mia figlia”, e così era stato. Sono stata una settimana, un periodo non lunghissimo, ma neanche così corto. E mi era sembrato un ragazzo normale, non avevo intuito nulla che potesse farmi presagire quello che poi è successo. Mi era sembrato un bravo ragazzo, uno come tanti. E del suo passato, quello di cui si è letto sui giornali, io non sapevo nulla. Non è mai emerso nulla di tutto ciò. Quando ho letto tutte le cose su di lui, mi si è gelato il sangue nelle vene».

Secondo lei sua figlia aveva scoperto qualcosa?

«Non so se Sonia avesse scoperto qualcosa. Quello che lamentava era che fosse geloso e possessivo, questo sì. Io con lui parlavo spesso per telefono, gli dicevo “smettila, non puoi tenertela con la gelosia, se lei ti ha scelto, è perché vuole stare con te”. A mia figlia invece avevo consigliato di ripensarci, “se è troppo possessivo, non va bene”. Ma detto questo, nulla mi avrebbe mai potuto portare a presagire quello che poi è successo. Se io avessi avuto il sentore, non l’avrei mai lasciata lì, con lui, per nulla al mondo. Io la vedevo felice, coinvolta. Erano due ragazzi che si stavano imparando a conoscere, avevano anche cercato un appartamento».

Quanto tempo fa si erano lasciati?

«Era il 27 dicembre. Non so se Sonia era andata via perché aveva scoperto qualcosa del suo passato, non so se aveva avuto paura. Anche delle minacce che aveva ricevuto non mi ha detto nulla, forse per pudore, forse per vergogna, magari alla mamma queste cose non le ha volute dire. Anche io comunque in questo periodo avevo parlato con Carfora. Dopo il 27 dicembre mi chiamava spesso per dirmi quanto la amasse, quanto stesse male per la separazione. Lei lo aveva lasciato e si era trasferita da questo ragazzo in Puglia, che mi ha detto essere stato un amico, una persona che conosceva già da qualche tempo, ma con cui aveva un rapporto solo da un mesetto. Carfora, invece, lo avevo sentito anche uno o due giorni prima del primo febbraio. Pensare che era tranquillo, mi aveva detto che sarebbe tornato a Torre Annunziata per prendere un appartamento. Mi diceva che si stava rimettendo in sesto».

È una domanda difficile, ma voglio fargliela lo stesso. Come vuole ricordare sua figlia?

È la più difficile del mondo, questa, di domanda. Sonia era una ragazza che amava ballare, stare in compagnia, divertirsi. Aveva mille amici, di tutte le razze, di tutte le religioni e di tutti gli orientamenti sessuali. Mi torna in mente un aneddoto. Un giorno parlavo di lei a cena con una mia amica che l’ha vista crescere. E lei mi ha detto: “Sonia è una delle poche persone davvero libera. Libera da retaggi, da preconcetti, da pregiudizi. Devi essere orgogliosa di averla “tirata sù” così e averle data questa educazione”. Ecco, così è come voglio ricordare mia figlia”».

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